Libri di pubblico dominio: il Diario di Anna Frank

I diari scritti da Anna Frank tra il 1940 e il 1944, mentre viveva in clandestinità, sono unanimemente ritenuti un’opera fondamentale per la memoria collettiva, opera in cui l’enorme valore storico e letterario si fondono con quello inestimabile di testimonianza umana dell’orrore della guerra vista da un’adolescente.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Anna Frank e la sua famiglia si nascosero dai nazisti nella città occupata di Amsterdam dove furono alla fine scoperti. Anna morì di tifo a soli 15 anni nel campo di concentramento di Bergen-Belsen nel 1945. Dopo la fine della guerra, le pagine dei suoi diari sono state trovate nel loro nascondiglio e consegnate al padre di Anna, Otto, l’unico superstite della famiglia. Otto ha curato il manoscritto rimuovendo alcuni materiali e quello che conosciamo come il “Diario di Anna Frank” venne pubblicato per la prima volta nel 1947.

Fin dalla sua prima pubblicazione, il Diario di Anna Frank ha venduto più di 30 milioni di copie ed è stato tradotto in più di 70 lingue in tutto il mondo.

I diari e le versioni a stampa degli stessi sono da tempo oggetto di un’ insidiosa controversia legale.

In conformitĂ  alla direttiva UE sul copyright in molti paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Olanda e anche l’Italia, l’opera cade nel pubblico dominio 70 anni dopo la morte del suo autore o, nel caso di piĂą autori, di quello deceduto per ultimo (Art. 1, della direttiva 2006/116 / CE). Alla fine del periodo di tutela le opere, ricadendo nel pubblico dominio, assumono un nuovo status (PDM – Public Domain Mark) e possono liberamente essere utilizzate da chiunque per nuovi usi culturali, educativi o commerciali. Dato che Anna morì nel 1945, a partire dal 1 ° gennaio 2016, 70 anni dopo la sua morte, il suo lavoro sarebbe dovuto cadere in pubblico dominio. In virtĂą di questo assunto, il Diario di Anna Frank  è giĂ  stato pubblicato online poche ore dopo l’inizio del 2016. Le prime due persone a pubblicarlo – entrambe nella sua versione originale in olandese– sono un professore universitario francese (Olivier Ertzscheid) e una parlamentare francese (Isabelle Attard).

La Fondazione svizzera Anne Frank Fonds, che gestisce i diritti del Diario di Anna Frank, ha tuttavia stabilito che il padre di Anna, Otto Frank, deve considerarsi co-autore della famosa biografia, e non soltanto il suo curatore, com’è stato considerato da sempre. Questa mossa legale, se ritenuta fondata, avrebbe un importante risvolto pratico ed economico, perché prolungherebbe di molti anni il copyright sul libro, gestito appunto dalla Fondazione (almeno fino al 2050 – 70 anni dopo la morte di Otto, deceduto nel 1980). Già nel 2014, la Anne Frank Fonds aveva rilasciato una dichiarazione nella quale sosteneva che fosse errato ritenere che il copyright sul diario di Anna Frank scadesse nel prossimo futuro, o che chiunque potesse considerarsi libero di utilizzare e pubblicare il lavoro di Anna senza il permesso della Fondazione.

Secondo i legali della Anne Frank Fonds, Otto Frank avrebbe editato, modificato e tagliato parti del diario creando così un’opera nuova, una sorta di collage degli scritti della figlia, dotato di una qualche autonoma creatività. Questa decisione ha provocato moltissime proteste da parte degli editori che accusano la Fondazione di aver mentito per anni, spacciando il diario come scritto unicamente da Anna. La critica in sostanza è questa: o il diario era solo di Anna Frank, ed oggi è libero da diritti, o è di Anna Frank e suo padre, e la Fondazione ha fallito nel suo obiettivo di favorire una diffusione informata del testo mentendo sul fatto che Anna Frank fosse l’unica autrice del diario. Stabilire se gli editori (anche Mirjam Pressler, curatrice dell’edizione del 1991 e tuttora in vita potrebbe essere considerata come co-autrice) che hanno contribuito alle edizioni del diario di Anna Frank, lo abbiano fatto in un modo tanto significativo da renderli ciascuno co-autore è questione di non poco conto. La qualifica di co-autore dipende, in ultima analisi, dal contributo intellettuale degli editori del diario, che può essere valutato solo determinando la piena portata dei loro interventi nelle rispettive edizioni.

Gli oppositori

Per contrastare gli oppositori di questa ipotesi, la Fondazione ha ricordato anche che la versione integrale del Diario ha visto la luce soltanto negli anni Ottanta; sarebbe dunque tutelata dalla legge (francese) per le opere postume e inedite, che permette di far decorrere la scadenza del monopolio di sfruttamento economico cinquant’anni dopo la pubblicazione, quindi in questo caso nel 2030.

In ogni caso, la presunta co-authorship del padre di Anna Frank non ha alcuna incidenza sul termine di protezione del Diario negli Stati Uniti.

Negli USA il pubblico dominio è soggetto a norme diverse, e il calcolo è più complicato. Nel 1998, a seguito dell’entrata in vigore del Digital Millennium Copyright Act (DMCA), il copyright è esteso fino a 70 anni dalla morte dell’autore, come in Europa.

Ci sono però delle eccezioni.

In virtĂą di norme precedenti il DMCA, tutte le opere pubblicate prima del 1923 sono in pubblico dominio; quelle pubblicate tra il 1923 e 1963 sono in pubblico dominio solamente “se il copyright non è stato rinnovato” (prima del 1978 la tutela doveva essere richiesta attraverso registrazione) o “se l’opera è stata pubblicata senza un adeguato avviso di copyright”. Opere originariamente protette da copyright dopo il 1922 e rinnovate prima del 1978 hanno una durata del copyright di 95 anni (un primo mandato di 28 anni e un periodo di rinnovo di 67 anni) dalla fine dell’anno in cui sono state originariamente protette.

La versione americana del Diario.

Dal momento che la versione americana del Diario è stata registrata (e pubblicata) nel 1952, rimarrĂ  coperta dal diritto d’autore fino al 2047. La versione originale olandese è stata registrata (e pubblicata) nel 1947 e il suo termine di protezione scadrĂ  nel 2042. Nella selva delle leggi sul diritto d’autore e in questa tanto complessa quanto delicata battaglia per la proprietĂ  dei diritti, si inseriscono interessanti spunti di riflessione sulla tutela del diritto d’autore (sulla sua estensione) e sul pubblico dominio.

Alla base dei tentativi di prolungare il periodo di tutela dell’opera in questione vi sono motivazioni che alcuni considerano condivisibili.

La questione del copyright non è solo una questione economica, ma anche di controllo sulla qualità e sul rispetto storico delle edizioni che circolano. Pertanto le memorie di Anna Frank non sarebbero semplicemente un’opera dell’ingegno, ma rappresenterebbero una preziosa testimonianza storica la cui libera circolazione comporterebbe il rischio di manipolazioni e pericolosi revisionismi. Motivazioni che, ad avviso di chi scrive, appaiono piuttosto deboli. Un’opera può essere analizzata, criticata e commentata indipendentemente dal suo essere fuori diritto e di fronte alla minaccia che possa cadere in mani negazioniste o antisemite, vige sempre il diritto morale che impone rispetto e fedeltà al testo e impedisce la circolazione di versioni deformate.

La guerra dei diritti ha comunque giĂ  avuto i suoi effetti:

In Olanda l’Istituto che gestisce la casa museo di Anna Frank, e che è in lite con la Fondazione dagli anni Novanta, non ha potuto pubblicare online il Diario. In Inghilterra e in Spagna nessun editore, oltre a quelli che detengono il copyright, hanno pubblicato l’opera. In Italia c’è invece stata una pubblicazione. La Newton Compton ha spiegato di averlo fatto perchĂ© la versione pubblicata è quella precedente agli interventi di Otto Frank e perchĂ© in Italia la legge è chiara: i diritti decadono a 70 anni dalla morte dell’autore. L’azione di “disobbedienza civile” portata avanti dall’accademico Ertzscheid e dalla parlamentare Attard (sostenuti anche dall’associazione dei bibliotecari francesi) è stata, d’altro canto, applaudita da molti studiosi.

Libri di pubblico dominio: il motto

Il motto “Viva Anna Frank, viva il pubblico dominio”, con cui si è aperta la pubblicazione del Diario sul blog della Attard, trova tra i suoi sostenitori coloro che ritengono che il Diario debba essere considerato, al di lĂ  di valutazioni legali (ma forse proprio in virtĂą di esse), patrimonio dell’umanitĂ  accessibile a tutti.

Il libro, in quanto libro, appartiene all’autore, ma in quanto pensiero appartiene – senza voler esagerare – al genere umano. Tutti gli intelletti ne hanno diritto. Se uno dei due diritti, quello dello scrittore e quello dello spirito umano, dovesse essere sacrificato, sarebbe certo quello dello scrittore, dal momento che la nostra unica preoccupazione è l’interesse pubblico e tutti, lo dichiaro, vengono prima di noi“. (Victor Hugo, Discorso d’apertura al Congresso letterario internazionale del 1878).

Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora (Anna Frank)

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