L’open access, il file sharing e le creative commons

L’Open Access a livello internazionale viene presentato con due gradi di libertà diversi: Gratis OA è l’accesso online senza costi per l’utente, mentre il Libre OA è il Gratis OA, più alcuni addizionali diritti di sfruttamento.

Spesso, questi diritti vengono garantiti all’utente utilizzando le licenze Creative Commons. Fra le licenze più utilizzate, vi è la Creative Commons-Attribuzione (o CC-BY), utilizzata anche da PLoS e consigliata ufficialmente dall’ ente internazionale “Scholarly Publishing and Academic Resources Coalition” (SPARC), e la Creative Commons-Attribuzione-Non commerciale (o CC-BY-NC).

L’open access

L’Open Access (in italiano, Accesso aperto) è una modalità di pubblicazione del materiale prodotto dalla ricerca, come ad esempio gli articoli scientifici pubblicati in riviste accademiche o atti di conferenze, ma anche capitoli di libri, monografie, o dati sperimentali; che ne consente accesso libero e senza restrizione.

Data la contrapposizione del modello di pubblicazione ad accesso aperto rispetto a quello classico, nel quale tipicamente le case editrici accademiche detengono diritti esclusivi sul materiale e ne vendono abbonamenti e licenze, l’espressione indica anche il movimento che sostiene e promuove la strategia ad accesso aperto.

In un’accezione ancor più ampia, il termine esprime la libera disponibilità online di contenuti digitali in generale e riguarda l’insieme della conoscenza e della creatività liberamente utilizzabile, in quanto non coperta da restrizioni legati alla proprietà intellettuale.

Il File Sharing 

Il file sharing, probabilmente, è tra i fenomeni della società dell’informazione quello che più di tutti ha inciso sul diritto d’autore. Con questo termine – che letteralmente significa “condivisione di file” – s’intende un particolare sistema di interconnessione telematica fra i computer dei singoli utenti.

Il file sharing è una delle categorie di utilizzo di Internet per conoscere, per informarsi e purtroppo anche per godere dei frutti del famoso ingegno umano molto cliccata e a cui si ricorre molto. Una pratica che trova la sua origine nelle BBS, o Bulletin Board System: un’interfaccia testuale che, tramite un software, permette agli utenti di connettervi sfruttando la linea telefonica e utilizzando forme di condivisione centralizzate, ovvero passanti per un server centrale. Sistemi già presenti negli anni Settanta ma che raggiungono la forma moderna con la nascita del formato di compressione mp3. Nei primi mesi del 1999, Shawn Fanning crea un software per il file sharing dell’era di Internet. Nasce Napster. Napster utilizzava un sistema di server centrali che mantenevano la lista dei sistemi connessi e dei file condivisi, mentre le transazioni vere e proprie avvenivano direttamente tra i vari utenti.

Secondo il decreto Urbani scaricare, utilizzare o ancora peggio condividere opere protette da copyright con programmi di file sharing è di sicuro un reato. Pertanto lo scambio di opere protette come avviene tecnicamente nella maggior parte dei sistemi di file sharing sarebbe ricaduto nelle sanzioni penali, poiché i sistemi di condivisione di file più diffusi utilizzano reti peer to peer nelle quali ciascun nodo (utente) è al tempo stesso client (un downloader che scarica) e server (un uploader che condivide).

Inoltre, l’applicazione del decreto Urbani e la criminalizzazione della tecnologia peer to peer sono state intese da molti come un freno dell’espansione della banda larga in Italia. Senza dubbio il file sharing crea enorme danno al mercato regolare, perché non esiste al mondo una concorrenza che si possa fare in modo gratuito.

Il file sharing è uno strumento fantastico per condividere documenti e informazioni ma comporta alcuni problemi nell’ambiente giuridico di attuazione della normativa sul diritto d’autore

  • Il conflitto del file sharing e del contrasto al file sharing con le libertà fondamentali.
  • La non percezione da parte dell’utente dell’illiceità di quello che sta facendo, dello scarico con file sharing.
  • L’inesistenza nel file sharing di seconda generazione di sistemi generalizzati, centralizzati su cui poter intervenire con la sanzione.

In primo luogo, in tutte le convenzioni internazionali e in tutte le carte costituzionali dei paesi democratici il file sharing è considerato un diritto fondamentale. Nella nostra carta costituzionale l’articolo 15 sostiene la libertà di espressione e di accesso alla cultura e all’informazione e l’articolo 21 sancisce la inviolabilità delle corrispondenze private e di ogni altra forma di comunicazione. Tali diritti fondamentali possono essere violati quando danneggiano diritti di pari forza giuridica e il diritto d’autore non è un diritto fondamentale.

In secondo luogo, scambiare file è comodo, facile, economico. Il file sharing rappresenta una rete formata da una molteplicità di soggetti che scaricano in maniera diversificata e non sempre per un utilizzo massiccio delle documentazioni, ma periodico, soltanto una tantum in modiche quantità.

Altra cosa è ovviamente il soggetto che scarica per pirateria, quindi criptando i dati, non rendendosi riconoscibile per i riscontri che sono necessari scaricando enormi quantità di dati a fini di profitto. Nonostante le iniziative delle major e l’affermazione di operatori innovativi e rispettosi dei diritti d’autore, la condivisione rimane molto popolare.

Il fenomeno continua a crescere, anche se la minaccia di azioni legali ha portato recentemente alla chiusura di operatori come BearShare, WinMX e i2Hub. Ma bloccare ed eliminare il file sharing cosi come oggi li si conosce ed utilizza è praticamente impossibile.

Le Creative Commons-Attribuzione (o CC-BY)

Il caso delle licenze Creative Commons rappresenta un diritto d’autore flessibile che si pone come obiettivo quello di realizzare un livello di copyright ragionevole facilitando la creazione di opere sulla base di lavori altrui, rendendo semplice la circolazione delle informazioni e agli autori sostenere che altri siano liberi di attingere al loro lavoro e di creare su di esso.

Tutto grazie a semplici tag [nel codice HTML], legati a descrizioni che le persone possono leggere e vincolati da licenze. Sviluppando una serie di licenze libere che la gente può vincolare ai propri contenuti, le Creative Commons puntano ad etichettare una gamma di materiali su cui sia possibile costruire in modo facile e affidabile. Questi tag, o contrassegni, vengono poi collegati alle versioni delle licenze che il computer è in grado di leggere e che gli permettono di identificare automaticamente il contenuto per cui è possibile la condivisione.

L’insieme di questi tre elementi – una licenza legale, una descrizione che le persone possono leggere e tag che la macchina può leggere – costituiscono una licenza Creative Commons. La quale rappresenta una garanzia per la libertà di chiunque vi abbia accesso e, cosa più importante, un’espressione del fatto che la persona associata a quella licenza crede in qualcosa di diverso dagli estremi del “tutto” o “niente”.

Il contenuto viene contrassegnato dal marchio CC, che non sta a significare l’eliminazione del copyright, ma la concessione di determinate libertà.

Il principio è sempre l’autorizzazione dell’autore, è sempre il consenso del titolare del diritto, quindi vanno benissimo, dimostrano appunto come sia possibile trarre profitto in maniera diversa da quella che tradizionalmente ci viene presentata, dall’utilizzazione dell’opera dell’ingegno, però sicuramente non è una via rivoluzionaria come quella di limitare il diritto di proprietà e il potere contrattuale dell’autore, perché passa sempre attraverso il consenso.

In tal modo l’autore opera alcune scelte ben precise in quanto può selezionare una licenza che consenta qualsiasi utilizzo, purché venga dichiarata la paternità; può scegliere una licenza che permetta esclusivamente l’uso non commerciale o l’utilizzo di estratti parziali senza ricavarne copie integrali; può optare per una che consenta qualsiasi uso escludendo quello derivato; o infine, che accordi qualunque utilizzo in campo didattico.

L’obiettivo delle Creative Commons è quello di dare vita a un movimento di “gestori di contenuti” che contribuisca alla costruzione del pubblico dominio e, con il loro impegno, ne dimostrino l’importanza per la creatività altrui.

Esse costituiscono uno strumento particolarmente flessibile: il titolare dei diritti riservati su un’opera audiovisiva può utilizzare la licenza più restrittiva CC-by-nc-nd, in base alla quale per gli utenti è possibile liberamente condividere l’opera a condizione di menzionare la paternità dell’autore, senza facoltà di rielaborarla o utilizzarla per fini commerciali; oppure può distribuire l’opera in base alla licenza CC-by, consentendo all’utente di utilizzarla, ridistribuirla e modificarla, sia per finalità commerciali che non.

Senza dubbio, tali licenze si configurano come uno strumento di gestione dei diritti sulle opere dell’ingegno, alternativo, innovativo e, anche, giuridicamente riconosciuto. Se è vero che sono necessarie nuove regole con libertà differenti, le Creative Commons offrono una modalità efficace per iniziare a costruire queste regole.

Con le Creative Commons si riescono a conciliare tutti questi diritti, diritto della comunità ad avere accesso alla sua cultura in maniera gratuita, il diritto all’autore, in quanto filtro di questi materiali culturali, ad essere retribuito per il lavoro che fa, e di un eventuale editore che trasformi questo lavoro in una forma concreta, in un oggetto che può essere il libro, che può essere un oggetto di un altro genere, a essere anche lui a percepire un ritorno dall’investimento che viene fatto.

Si sono diffuse ulteriori forme di licenze come il digital code: sistema di metadati che agevola la diffusione e il riconoscimento dell’opera in formato digitale; il common deed: condensa in poche parole il senso pratico e giuridico della licenza e il legal code: rappresenta la licenza vera e propria che fa testo giuridicamente.

Qui di seguito i link ai corsi di diritto d’autore che si trovano online e possono essere liberamente visti.

Qui di seguito una lezione di William Fisher, CopyrightX: Lecture 3.3,

The Subject Matter of Copyright: Music


Lo Studio Legale Dandi fornisce assistenza legale in Diritto di Internet. Dai un'occhiata ai nostri servizi oppure contattaci!

🎓 sono l'Avvocato dei creativi: li aiuto a lavorare liberamente sentendosi protetti dalla legge

Site Footer