Plagio artistico: Jeff Koons, Emilio Vedova e Ahmed Mater

Il plagio artistico, ossia il plagio nell’arte, è un argomento spinoso. Con il termine plagio si definisce il fatto di chi senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma, riproduce un’opera altrui. Il plagio, dunque, si realizza con l’attività di riproduzione – si parla perciò di “appropriazione” – totale o parziale degli elementi creativi di un’opera altrui, così da ricalcare in modo “parassitario” quanto da altri ideato e quindi espresso in una forma determinata e identificabile.

In questo articolo ho preso in considerazione diversi casi di plagio di cui sono stati protagonisti Jeff Koons e, in quanto plagiati, Emilio VedovaAhmed Mater.

Il Plagio artistico: Jeff Koon

Banality

Nel 1988, Jeff Koons presentava al pubblico le sue opere “Banality” in 3 località diverse. Le mostre consistevano in una serie di sculture in porcellana e in legno, basate su fotografie e altri oggetti archetipici. Alcune delle sculture comprendevano personaggi famosi di un’epoca specifica (la Pantera Rosa e Odie, il personaggio di Garfield) e altre erano copiate da fotografie relativamente sconosciute. Koons, che ha creato tre edizioni di ogni pezzo, ha venduto le sue sculture nel tempo collezionando milioni di dollari e altrettanto costose azioni legali contro di lui.

Plagio e ArtePlagio e Arte

 

Anche se l’artista si è sempre appellato alla satira per scusare l’assenza di autorizzazione nell’utilizzo di opere altrui, non tutti hanno riso vedendo le sue opere. Specialmente non hanno riso gli artisti che avevano originariamente creato il materiale del quale Koons si è appropriato senza permesso.Plagio e Arte

La “banalità” ha dato vita a 5 azioni legali, durate per decenni dopo le mostre. Koons ne ha perse 3, con l’accusa di aver violato il copyright: nessuno dei tribunali ha giudicato le sue opere parodistiche. Una deve ancora essere definita, mentre un’altra si è appena conclusa. Ma soprattutto per il mondo dell’arte, i casi prodotti dalla “banalità” mostrano risultati giudiziali che hanno contribuito a definire quando gli artisti possono e non possono utilizzare il lavoro degli altri per le proprie opere, impattando sulla legge sul diritto d’autore.

Plagio e Arte

String of Puppies (1988), è la semplice trasformazione da un’immagine bidimensionale in una scultura tridimensionale ed è stata completata con l’intenzione di essere una parodia. Ma i Giudici erano in disaccordo con l’argomentazione dell’artista e anzi hanno che il lavoro copiato deve essere, almeno in parte,“un oggetto della parodia, altrimenti non sarebbe necessario evocare l’opera originale”

Wild Boy and Puppy (1988), che riproduceva chiaramente un personaggio del fumetto di Garfield Jim Davis, è un altro caso perso da Koons.

Plagio e Arte

Di recente, nonostante gli anni, altre opere della serie “Banalità”, parte di una retrospettiva di Koons ospitata nel 2014 dal Centre Pompidou di Parigi, hanno provocato nuove controversie. All’arrivo della retrospettiva dell’artista in Francia, Koons è stato salutato con 2 cause legali: una sull’opera Fait d’Hiver (1988), che è in corso e l’altra sulla scultura intitolata Naked (1988).

In quest’ultimo caso, il giudice francese ha dato ragione a Jean-François Bauret, il fotografo francese defunto e derubato della foto base per la scultura di Koons.

I danni sono stati limitati solo perchè la scultura è stata rimossa prima di essere effettivamente messa in mostra al Pompidou.

Plagio e Arte

Nel 2017, Jeff Koons ha presentato la sua scultura Seated Ballerina (Rockefeller Center). I critici hanno subito sottolineato che era quasi identica alla statuetta di una ballerina di uno scultore ucraino relativamente conosciuto Oksana Zhnikrup.

Emilio Vedova: l’imitazione di uno stile può essere plagio?

Sentenza n. 2039 del 26/01/2018

 

La Cassazione ha condannato la galleria d’arte F.lli Orler Eredi Ermano Orler s.n.c. al risarcimento di 300mila euro a favore della “Fondazione Emilio ed Annabianca Vedova” cosi giudicando:

  • sussiste l’illecito di plagio delle opere dell’artista Emilio Vedova avuto riguardo all’opera nel suo insieme, senza che assumano rilievo le consonanze o dissonanze di dettaglio, il pregio artistico o il valore economico delle opere: dunque il plagio è ravvisabile alla mera vista comparativa dei dipinti (svolti entrambi su due piani, con le medesime masse cromatiche a campitura rossa e gialla ed uguale localizzazione dei colori), mentre l’esame di dettaglio rivela piuttosto lo svilimento delle forme del messaggio artistico (dimensione ridotta, più commerciabile, uso della spatola invece del pennello), sia nei cd. dischi, che si servono della medesima tecnica con imitazione dei moduli stilistici (stessi chiaro-scuri, forma, collocazione, tecnica e supporto dell’opera), senza nessun significato artistico diverso, anzi svilendo il messaggio per lo spettatore, posto che solo quelli di Emilio Vedova corrispondono nel diametro all’apertura delle braccia dell’artista;
  • la responsabilità di Arte Moderna F.lli Orler Eredi Ermano Orler s.n.c. sussiste, avendo concorso alla promozione, diffusione e vendita di tutte le centinaia di opere a firma de’ Lutti, che costituiscono sistematica appropriazione del frutto della altrui elaborazione artistica, con apporto causale particolarmente intenso, in ragione dell’utilizzo della televendita: dovendo reputarsi responsabile dell’illecito civile di plagio artistico non solo chi realizza l’opera, ma anche chiunque intervenga nella commercializzazione di essa;
  • il Tribunale ha correttamente calcolato il quantum del risarcimento sulla base degli utili realizzati, quantificando il danno da lucro cessante con equo apprezzamento delle circostanze concrete, quali il numero delle 108 opere plagiarie messe in vendita ed il loro prezzo medio, correttamente quantificando gli utili nell’importo pari ad un terzo dei guadagni complessivi, attesi i costi ipotizzabili;
  • anche il danno non patrimoniale è stato correttamente riconosciuto, posto che la Fondazione ha patito un pregiudizio per la diffusione sul mercato di opere, in cui un terzo si è appropriato del frutto dell’ingegno artistico del Vedova, con un danno alla propria immagine, quale soggetto preposto a custodire l’opera del medesimo ed a diffonderne la corretta conoscenza.

Trattandosi di porre a raffronto due opere, alcune caratteri sono stati fissati per l’una come per l’altra. L’opera plagiata, da un lato, deve presentare i caratteri della originalità creativa riconoscibile. Il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento l’art. 1 I. n. 633 del 1941, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo (Cass. 28 novembre 2011, n. 25173; 12 marzo 2004, n. 5089).Inoltre, non si tutela l’idea in sé, ma la forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione (Cass. 28 novembre 2011, n. 25173, citata). Non si parla, dunque, di plagio con riguardo all’idea su cui l’opera si fonda, non proteggendo la disciplina sul diritto d’autore l’idea in sé (ottenibile anche fortuitamente, come autonomo risultato dell’attività intellettuale di soggetti diversi e indipendenti), trovando invece esso il presupposto nell’identità di «espressione», intesa come forma attraverso la quale si estrinseca il contenuto del prodotto intellettuale, meritevole di tutela allorché rivesta il carattere dell’originalità e della personalità: le idee per se stesse non ricevono protezione nel nostro ordinamento, ma è necessario che sia identico il modo in cui sono realizzate e cioè la forma esterna di rappresentazione.

Per quanto riguarda l’opera plagiaria, dall’altro lato, secondo criteri giocoforza più complessi, si ritiene che:

  • perché essa sia tale deve, in sintesi, essere priva di un cd. scarto semantico, idoneo a conferirle rispetto all’altra un proprio e diverso significato artistico, in quanto abbia dall’opera plagiata mutuato il cd. nucleo individualizzante o creativo (cfr. Cass. 19 febbraio 2015, n. 3340); in sostanza, è necessario che l’autore del plagio si sia appropriato degli elementi creativi dell’opera altrui, ricalcando in modo pedissequo quanto da altri ideato ed espresso in forma determinata e identificabile; al contrario, è esclusa la sussistenza del plagio, allorché la nuova opera si fondi sì sulla stessa idea ispiratrice, ma si differenzi negli elementi essenziali che ne caratterizzano la forma espressiva;
  • la verifica va operata sulla base del riscontro delle difformità dalle caratteristiche essenziali, mentre non sono sufficienti originalità di mero dettaglio dell’opera plagiaria (Cass. 15 giugno 2012, n. 9854; 28 novembre 2011, n. 25173; 27 ottobre 2005, n. 20925; 10 marzo 1994, n. 2345; 10 maggio 1993, n. 5346): dunque, non sussiste il plagio qualora due opere, pur avendo in comune il cd. spunto o motivo ispiratore, differiscano quanto agli ulteriori elementi caratterizzanti ed essenziali, permanendo viceversa il plagio anche quando esso sia «camuffato» (o «mascherato») mediante varianti solo apparenti;
  • non rileva in sé la confondibilità tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra (Cass. 15 giugno 2012, n. 9854; 27 ottobre 2005, n. 20925);
  • il giudizio deve seguire una valutazione complessiva e sintetica, non analitica, incentrata sull’esame comparativo degli elementi essenziali delle opere da confrontare, dovendosi cioè valutare il risultato globale o l’effetto unitario;
  • si tratta di giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. 27 ottobre 2005, n. 20925): il giudizio relativo ad opere d’arte contemporanea, caratterizzate dall’impiego di materiali, forme, concezioni relativamente agevoli da riprodurre, viene svolto di regola mediante espletamento di una consulenza tecnica, dal giudice fatta propria; in ogni caso, la riproposizione, in sede di legittimità, delle valutazioni e degli apprezzamenti di merito è inammissibile (cfr. Cass. 26 maggio 2016, n. 10937, in motivazione).

La Corte d’Appello ha ritenuto necessaria all’ipotesi di plagio l’identità di essenza rappresentativa tra le opere, premettendo proprio che il plagio resterebbe escluso nel caso di spunto comune tratto dal patrimonio di pensiero e di idee proprio di tutti, di cui nessuno può rivendicare la paternità, e sia nel caso di disuguaglianza di risultato espressivo. Né può predicarsi un diverso e più ampio criterio con riguardo alla corrente artistica della cd. arte informale, secondo la Orler qualificabile radicalmente come «non- arte» o «arte antiformale»: concordi o no che siano gli esperti del settore con tali ulteriori definizioni, non si potrebbe non convenire nel senso che, pur quando l’idea artistica si esprima e si concreti mediante linee, segni o aree di macchie o colori, non immediatamente riproduttive di nessuna forma del reale così come questo risulterebbe da una fotografia, ma piuttosto trasfigurandolo ed interpretandolo in maniera affatto originale, resta che proprio la potenza di questa personalissima interpretazione e trasfigurazione va giuridicamente tutelata. Parimenti, per quanto attiene alle opere plagiarie, la corte territoriale, sia sulla base della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, sia dall’esame diretto dei documenti in atti, ha ravvisato l’esistenza del plagio: ciò, quanto all’opera Oltre la tela, per essere la medesima «quasi del tutto sovrapponibile» al Ciclo ’62-BB9, con ampia descrizione delle identità di posizione dei piani, masse cromatiche, proporzioni, aggiungendo che le minime diversità riscontrate, fuor che costituire segno di rielaborazione creativa, appaiono semplificanti o commerciali (come le minori dimensioni); quanto ai cd. dischi, la tecnica è la medesima, con ripetizione dei moduli stilistici privi di significato artistico diverso. In tal modo, la corte del merito si è pienamente attenuta ai su esposti principi, focalizzandosi sulle caratteristiche essenziali delle opere ed operandone una valutazione complessiva, pur dopo l’analisi del dettaglio, ed, infine, evidenziandone elementi tutt’affatto che generici, anzi precisi e significativi, proprio per il tipo di corrente artistica imitata.

Ahmed Mater – Magnetism (2012) copiata da Omega

Il plagio di un'opera d'arteCaso interessante di plagio riguarda l’opera Magnetism di Ahmed Mater (2012),  emblema della nuova scena artistica che emerge dal Golfo. La stampa acquaforte, che esiste in diverse versioni, consiste in un’immagine di un magnete a forma di cubo nero circondato da polvere acciaio a rievocazione poetica del pellegrinaggio alla Mecca (noto come Hajj) e di movimenti ondeggianti dei pellegrini intorno al suo edificio più sacro (il Ka ‘aba).

Gli orologi “Omega”, parte del gruppo svizzero Swatch, si sono appropriati del “Magnetismo” e, in una delle ultime campagne pubblicitarie, hanno sostituito la “Ka’ba” con un orologio “Seamaster Aqua Terra”.

Il Quotidien de l’Art riferisce che l’artista non ha accettato l’uso commerciale dell’immagine ed ha citato in giudizio il gruppo per violazione dei diritti d’autore e dei diritti morali, tramite uno studio legale di Parigi. L’autore ha chiesto 1.337.500 € di danni, oltre all’ingiunzione di inibitoria all’uso dell’ immagine in Francia.

L’artista, infatti, non avrebbe potuto autorizzare l’uso dell’immagine senza il consenso delle autorità saudite, dal momento che la blasfemia è un reato nel regno.“Omega ha distrutto diversi anni di lavoro lasciando che il pubblico credesse che [Mater] stava prendendo in giro la religione in un paese nel quale esiste la polizia religiosa e dove la bestemmia è un reato, mettendo in tal modo l’artista e la sua famiglia a rischio” afferma Dutilleul-Francoeur, l’avvocato dell’artista.Bastion Buss, responsabile della comunicazione del gruppo Swatch, ha replicato che la societa’ credeva che fosse all’interno diritti del gruppo di utilizzare l’immagine “per esaltare le proprietà antimagnetiche dell’orologio.”

Per la prima volta nella storia dell’orologeria, un orologio resiste campi magnetici superiori a 15.000 gauss,

ha detto.

È una vera e propria prodezza tecnologica. Questo è esattamente ciò che stiamo dimostrando con la polvere d’acciaio che non puo’ avvicinarsi all’orologio, dimostrando la sua resistenza magnetica

ha spiegato, aggiungendo che

le proprietà Antimagnetiche sono sempre state illustrate in questo modo in manuali di riferimento.

Lo Studio Legale Dandi fornisce assistenza legale in diverse aree di competenza. Dai un'occhiata ai nostri servizi oppure contattaci!

🎓 sono l'Avvocato dei creativi: li aiuto a lavorare liberamente sentendosi protetti dalla legge

Site Footer