Attenzione alle imitazioni! La “concorrenza parassitaria” spiegata in parole semplici
Hai un’azienda, una tua idea e il tuo modo di lavorare. Immagina che un’altra azienda inizi a seguirti passo passo, non copiando solo un prodotto, ma imitando sistematicamente il tuo modello di business, le tue iniziative, i tuoi progetti. Questo comportamento non è solo fastidioso, ma è un illecito chiamato “concorrenza sleale parassitaria”.
In pratica? Non si tratta di una singola copia, ma di un’imitazione costante che confonde i tuoi clienti, facendogli credere che il prodotto del concorrente sia il tuo o provenga dalla stessa azienda. Questo può causare un danno enorme al tuo brand e ai tuoi ricavi.
Che cosa è la concorrenza sleale parassitaria?
Tra le ipotesi di concorrenza sleale ricondotte dalla giurisprudenza di legittimità nella categoria residuale del n. 3 dell’art. 2598 c.c., rientra la concorrenza parassitaria, consistente nella sistematica imitazione delle altrui iniziative imprenditoriali.
Caratteristica essenziale dell’illecito è la continuità e l’eterogeneità dell’attività imitativa del progetto concorrenziale, in contrapposizione all’azione imitativa isolata che, dunque, non rientrerebbe nella fattispecie così individuata.
La Suprema Corte, chiarisce che
la concorrenza parassitaria consiste nel comportamento dell’imprenditore che in modo sistematico e continuo segue le orme di un imprenditore concorrente, ne imita le iniziative con assiduità e costanza, non limitandosi a copiare un unico oggetto. La contraffazione parassitaria si differenzia quindi dalla contraffazione semplice o dalla c.d. copia servile perché genera condotte sovrapponibili, capaci di indurre in errore il consumatore e conseguentemente generare danni patrimoniali a carico dell’imprenditore originale.” (Cass. Civ., sez. I, 29/10/2015, n. 22118).
La battaglia giudiziaria Gucci v. Guess
Il caso Gucci contro Guess
Per capire quanto sia importante avere un marchio unico, pensa alla famosa battaglia legale tra Gucci e Guess. Gucci ha accusato Guess di copiare il suo stile, in particolare il logo con la “G” e altri motivi. Sembrava una causa vinta in partenza per Gucci, ma non è andata così.
I tribunali di tutto il mondo, da Milano a New York, hanno dato ragione a Guess. Il motivo? I giudici hanno stabilito che i loghi, pur avendo in comune la lettera “G”, erano troppo diversi nel loro insieme. Hanno analizzato il design completo, il font, i colori, lo stile e l’effetto complessivo sui consumatori. Hanno concluso che il cliente, guardando i due marchi, non avrebbe mai potuto confonderli.
La battaglia legale del marchio Gucci contro Guess: il caso giudiziario tra Guess e Gucci risale al 2012
In Italia, la disputa tra Gucci e Guess, si è conclusa in Italia il 2 maggio 2013 dopo che il Tribunale di Milano, in una sentenza di 83 pagine, ha respinto tutte le pretese avanzate dal marchio fiorentino. Inoltre, la Corte italiana ha disposto la cancellazione di alcuni motivi a rombi di Gucci, di alcuni loghi G, e di alcuni modelli di marchi registrati “Flora”. Le registrazioni cancellate includono 3 marchi italiani e 4 marchi commerciali che coprono la Comunità Europea. La Corte ha anche respinto i diritti di Gucci sul logo “G Quadrata”.
La battaglia legale del marchio Gucci contro Guess: sentenza New York e Parigi
Gucci contro Guess sentenza: la vittoria della “G” che non ti aspetti
Nel mondo della moda, il nome Gucci è sinonimo di lusso e stile. Per questo, quando la storica maison ha fatto causa a Guess, accusandola di aver copiato il suo famoso logo con la doppia “G” intrecciata, tutti pensavano che la vittoria fosse scontata. Ma le cose sono andate diversamente.
La battaglia legale, che ha attraversato tribunali di tutto il mondo (da New York a Milano, da Parigi alla Cina), si è conclusa con una sconfitta per Gucci. I giudici hanno respinto le accuse di imitazione e concorrenza sleale.


Perché Gucci ha perso?
Nonostante i loghi di entrambe le aziende usino la lettera “G”, i giudici hanno stabilito che non c’era alcun rischio di confusione per i consumatori. Hanno analizzato i marchi nel loro complesso e hanno concluso che:
- Il logo di Gucci, con le due “G” incrociate, è un simbolo di lusso ben definito.
- Il logo di Guess, con una “G” in un motivo a rombi, ha un’estetica e un’immagine completamente diversa.
In pratica, i tribunali hanno dato ragione a Guess, sottolineando che non c’era alcuna prova che Guess stesse cercando di “Guccizzare” il suo marchio per confondere i clienti.
La decisione della Corte europea
La Corte europea ha respinto le richieste di Gucci di invalidare il logo del marchio Guess. Ha sostenuto che i due marchi sono diversi, ordinando alla griffe fiorentina di pagare le spese processuali, incluse quelle sostenute da Guess.
Dopo che i tribunali italiani, americani e parigini hanno respinto le affermazioni di Gucci, è toccato al Tribunale dell’Unione europea esprimersi ulteriormente. Il Tribunale ha condannato le affermazioni della casa di moda di lusso Gucci.
Ha infatti rilevato che i loghi sono stati realizzati con “diverse impressioni visive” e sono stati progettati per rappresentare un “motivo ornamentale astratto”. Inoltre, la Corte europea ha osservato, nonostante i loghi siano basati sulla lettera ‘G’, che non possono essere confrontati e hanno origine da una “struttura completamente diversa”.
La lezione per la tua azienda
Non basta avere una buona idea o un cognome famoso per proteggere il tuo business. La storia di Gucci vs. Guess dimostra che la vera forza del tuo marchio sta nella sua unicità visiva e concettuale.
Non lasciare la protezione del tuo lavoro al caso. Registrare il tuo marchio è l’unico modo per proteggerti in modo efficace da imitazioni e concorrenza sleale, e per assicurarti che la tua identità unica sia legalmente tua.
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