La revisione della sceneggiatura come incarico professionale
L’incarico e la collaborazione
Tutto ha inizio con la scelta di un regista incaricato di dirigere un film. Il suo compito non si limitava alla sola regia, ma includeva anche la revisione di una sceneggiatura teatrale preesistente. L’obiettivo era ambizioso: adattare il testo per renderlo adatto al grande schermo, ma soprattutto, per accorciarlo. La sceneggiatura originale era troppo lunga e, per rispettare i vincoli di budget e di tempo, doveva essere ridotta per consentire sole cinque giornate di riprese cinematografiche.
La revisione della sceneggiatura e la fiducia della produzione
Il regista si è messo subito al lavoro, modificando la versione originale e operando i tagli necessari. La sua attività è stata svolta con la piena approvazione della produzione, che ha apprezzato il lavoro e lo ha remunerato integralmente. Questa revisione, che ha trasformato il testo teatrale in un’opera pensata per il cinema, è stata accolta con grande soddisfazione. Tutti i preparativi sono iniziati senza problemi. Sono stati fatti i casting per la scelta degli attori, sono state individuate le location e sono stati scelti i costumi. Tutto era pronto per l’inizio delle riprese. Il regista e la produzione sembravano avere un’unità di intenti e una completa sintonia professionale.
La rottura del rapporto e le conseguenze legali
La situazione è precipitata in modo improvviso. Una persona ha contestato il lavoro del regista, sostenendo che la sceneggiatura fosse stata stravolta. A causa di queste modifiche, gli eredi del protagonista non avrebbero dato il loro consenso. Nonostante il regista si fosse immediatamente reso disponibile per un incontro chiarificatore, la produzione ha deciso di interrompere unilateralmente il rapporto. L’incarico è stato revocato e il regista è stato rimosso dal progetto senza preavviso e senza alcuna motivazione professionale.
Il ruolo degli eredi e la decisione della produzione
La decisione di allontanare il regista non è stata una sua colpa. L’artista aveva rispettato gli accordi e aveva svolto il suo incarico con l’approvazione della produzione, che aveva persino pagato per il suo lavoro. La rottura è avvenuta solo per accontentare la persona che aveva contestato la sceneggiatura, la quale aveva minacciato di bloccare il film. La produzione, spinta dalla volontà di girare a ogni costo, ha “subito” la pressione, rinunciando al regista pur di proseguire con il progetto.
La sentenza (Roma, 06 febbraio 2017) e il risarcimento
La richiesta di risarcimento del regista è stata accolta, sebbene solo in parte. La produzione è stata condannata a pagare un risarcimento per mancato guadagno di 30.000 euro per il mancato svolgimento dell’incarico di regia. Inoltre, il tribunale ha riconosciuto un danno all’immagine professionale di 5.000 euro, dato che il regista è stato sollevato dall’incarico poco prima dell’inizio delle riprese, subendo un pregiudizio di prestigio senza aver commesso alcuna mancanza professionale. La produzione è stata condannata a sostenere anche le spese legali.
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