Andy Warhol Foundation v. Lynn Goldsmith per la serie dedicata a Prince

Andy Warhol Foundation v. Lynn Goldsmith per la serie dedicata a Prince

Andy Warhol ha ritagliato e dipinto le foto di Prince ritratto da Lynn Goldsmith per creare una serie di ritratti. Secondo Warhol si trattava di creazioni autonome che nulla avevano a che fare con le fotografie originali. Le opere sono state esposte in musei, gallerie e altri luoghi pubblici.

Quando Prince è morto nel 2016, la Goldsmith ha scoperto che Vanity Fair aveva pubblicato come tributo a Prince, le opere di Warhol in copertina. Ha quindi citato in giudizio la Fondazione Andy Warhol chiedendo un risarcimento per l’uso delle sue foto.

Il caso è rimbalzato tra le corti federali e d’appello.

Il dibattito si è concentrato sul fatto che le opere di Warhol potessero essere cosi diverse dalle fotografie originali della Goldsmith da poter essere considerate come opere a sè stanti e quindi protette secondo la dottrina del fair use.

In primo grado, il tribunale federale di New York, si è schierato a favore della Fondazione di Andy Warhol. Il giudice distrettuale degli Stati Uniti, John Koeltl ha ritenuto che la serie Prince fosse sufficientemente “trasformativa”.

Secondo il Giudice la serie Prince di Andy Warhol incorporava un nuovo messaggio, del tutto diverso dalle foto originali alle quali l’artista si era ispirato. Il Giudice ha sottolineato l’impatto culturale del lavoro di Warhol affermando la trasformazione che l’artista aveva fatto di Prince

da una persona vulnerabile e scomoda, raffigurato come nella foto, a una figura iconica, più grande della vita. Ogni opera della serie Prince è immediatamente riconoscibile come un ‘Warhol’ piuttosto che come una fotografia di Prince, allo stesso modo in cui le famose rappresentazioni di Marilyn Monroe e Mao di Warhol sono riconoscibili come opere di Warhol, non come fotografie di quelle persone.

La Corte d’Appello – 2nd U.S. Circuit Court of Appeals – ha preso tutt’altra strada.

Ha annullato la sentenza e criticato il tribunale di primo grado per aver assunto il “ruolo di critico d’arte” e per aver cercato di “accertare l’intento o il significato delle opere in questione”. La Corte ha ordinato al Tribunale di non esprimere giudizi estetici perché “tali percezioni sono intrinsecamente soggettive”.

Ha quindi sostenuto, ribaltando la decisione di primo grado, che il lavoro di Warhol non è protetto dal fair use, giudicandolo troppo simile a quello della Goldsmith. Sebbene il suo significato possa essere diverso, il giudice Gerard E. Lynch ha scritto che la foto originale è rimasta il “fondamento riconoscibile su cui è costruita la serie Prince”.

Gli avvocati della Andy Warhol Foundation avvertono che la sentenza di appello, che contesta drasticamente la sentenza di primo grado, è un affronto all’espressione artistica e libera. Dicono che rappresenta una “minaccia, un cambiamento epocale nella legge sul diritto d’autore.” 

La sentenza della Corte d’Appello minaccia l’arte imponendo all’artista di prevedere, ex ante, se il suo nuovo lavoro sarà ritenuto troppo ‘riconoscibile’ per meritare la protezione del fair use.

Per lo stesso motivo, per i collezionisti potrebbe essere illegale vendere – e per i musei mostrare – una vasta gamma di opere d’arte che traggono ispirazione da altre opere senza temere conseguenze in termini di violazione.

La Warhol Foundation fa riferimento a un caso della 9a Corte d’Appello del Circuito degli Stati Uniti in cui ha ritenuto che un’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore se il suo “nuovo contenuto espressivo o messaggio è evidente” anche nei casi in cui “apporti poche modifiche all’originale.”

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