Diritto d’autore traduzioni

diritto dautore traduzioni

Si può violare il diritto d’autore di una traduzione? La riproduzione e commercializzazione di videogrammi contenenti opere cinematografiche con l’utilizzo della traduzione e adattamento in lingua italiana dei dialoghi in lingua straniera costituisce una violazione del relativo diritto di utilizzazione economica e del diritto connesso al predetto diritto d’autore?

I diritti d’autore sul doppiaggio

Le traduzioni in un’altra lingua di un’opera sono tutelate espressamente dal dettato di cui all’art. 4 .l. aut., disposizione ritenuta pressoché all’unanimità estendibile alle traduzioni e all’adattamento dei dialoghi in lingua straniera di un film (cfr. Cass. 12/03/2004, n.5089; Cass. 28/11/2011, n.25173; Cass. 23/11/2005, n.245494; Cass. 27/10/2005 n.20925; Cass. 12/03/2004, n.5089).

Il caso in esame: la titolarità dei diritti azionati in capo a Dynit

Parte attrice ha dedotto e documentato di avere acquisito dall’originaria titolare – la licenziante giapponese Dynamic Planning, fondata dall’autore Go Nagai – il diritto di distribuire sul territorio italiano, limitatamente al canale Home video, “film anime” con facoltà di adattare al pubblico i dialoghi in lingua italiana e di procedere al doppiaggio dei film litigiosi (cfr. docc. 2,3,4 e 5 di parte attrice). Parte attrice ha allegato e provato altresì di avere proceduto al doppiaggio di tali filmati, avvalendosi di alcuni importanti interpreti (tra cui Piero Tiberi, nel frattempo deceduto cfr. docc. da 6 a 14 e da 15 a 21 di parte attrice).

Le eccezioni delle convenute

L’esaurimento dei diritti in capo all’attrice ed il difetto di legittimazione attiva

Le convenute hanno in primo luogo sostenuto la sopravvenuta cessazione della titolarità dei diritti azionati in capo all’attrice per effetto della intervenuta scadenza dei contratti a suo tempo sottoscritti da Dynit con la Casa giapponese. Yamato sostiene che Dynit aveva acquisito il diritto di far uso del doppiaggio solo per la durata della licenza, non maturando alcun diritto d’autore in proprio sulla trasposizione in lingua. Al termine del contratto di licenza era infatti espressamente previsto l’obbligo di distruggere tutte le edizioni della versione originale e dell’opera concessa in licenza (cfr. doc. 12 di parte convenuta).

L’eccezione è infondata: i diritti azionati non attengono all’opera filmica in sé, di titolarità della licenziante giapponese, ma di un peculiare diritto sorto autonomamente in capo al doppiatore, sorto in costanza di licenza, e che permane nel suo patrimonio anche ove il diritto di riproduzione del film venga meno. Dalla previsione negoziale qui invocata da Yamato- inter alios acta- consegue esclusivamente l’insussistenza del diritto dell’attrice di vietare la proiezione dei film in Italia, una volta scaduta la licenza, nella versione acquisita dalla titolare e di proseguire una propria autonoma diffusione: permane tuttavia in capo alla stessa la facoltà di proibire ai terzi di utilizzare il proprio doppiaggio, i cui diritti di utilizzazione sono sorti in via originaria a favore di Dynit ed acquisiti tra le proprie prerogative e non sono stati ceduti a terzi.

Né ha pregio la censura di Yamato, secondo la quale la carenza in capo all’attrice della titolarità diritti azionati sarebbe confermata dall’apposizione -sui supporti recanti l’edizione italiana dell’Opera dalla realizzata- della sola lettera “P” e non anche della lettera ©. La lettera “P”  indica la produzione della versione concessa in licenza da parte della stessa Dynit. Ai sensi dell’art. 72 della Legge sul diritto d’autore, parte attrice è dunque titolare del diritto esclusivo sull’opera di doppiaggio considerata in sé per sé, oggetto di autonoma tutela, rimanendo nel pieno ed esclusivo diritto del creatore per ogni eventuale successivo sfruttamento.

Le eccezioni delle convenute

Il risarcimento del danno

Oltre all’elemento oggettivo dell’illecito, è ravvisabile nel caso in esame altresì il nesso causale tra la condotta censurata ed un pregiudizio di natura patrimoniale per non avere percepito Dynit i frutti dello sfruttamento nella distribuzione sul territorio nazionale, compiuta senza la sua approvazione.Quanto al profilo soggettivo della condotta, la presunzione di colpa che assiste l’illecito qui indagato non è stata qui superata, tenuto conto, in generale, della peculiare diligenza richiesta all’operatore di mercato nella collocazione di beni o servizi sul mercato alla salvaguardia di prerogative privatistiche di altri concorrenti. Ciò premesso, ritiene il Collegio di poter quantificare il pregiudizio patito dall’attrice senza necessità di procedere ad ulteriori attività istruttorie, pur sollecitate dalla danneggiata, quale l’esibizione delle scritture contabili.

Le poste da riconoscere a Dynit vanno ricondotte al danno per lucro cessante, per non avere percepito i frutti della collocazione sul mercato dei propri diritti a titolo oneroso.

Ai fini della concreta liquidazione del danno, appare allora ragionevole ricorrere nel caso in esame al criterio equitativo ed utilizzando quale parametro il prezzo del consenso.

Dynit ha quantificato in € 5.000,00 l’importo convenuto per la cessione dei diritti di utilizzazione di un singolo doppiaggio, sempre a favore di Yamato (cfr. doc. 42 di parte attrice).

Occorre tenere in conto che si tratta di nove riproduzioni cinematografiche rispetto alle quali il doppiaggio costituisce una sola frazione dei diritti autorali cumulati nel singolo film e che le opere litigiose erano già state riproposte sul mercato nazionale dalla stessa attrice. Il Collegio ritiene dunque congruo -pur tenendo conto del criterio correttivo al rialzo della somma che sarebbe stata pattuita in sede di libera contrattazione anche al fine disincentivante della violazione- riconoscere a titolo risarcitorio complessivo l’importo complessivo di € 40.000,00 quale somma complessiva già liquidata in moneta attuale, sulla quale decorrono gli interessi legali dalla pronuncia al saldo. Tale somma esaurisce il pregiudizio patito dall’attrice, non potendosi considerare in via cumulativi gli utili conseguiti dalle convenute sul mercato a seguito della lesione. Si tratta infatti di una posta alternativa di pregiudizio, ove parte attrice avesse inteso essa stessa spendere sul mercato direttamente tali diritti invece che non cederli a titolo oneroso.5. Le condotte di concorrenza slealeRitiene infine il Collegio che non residuino ulteriori condotte da indagare attraverso il rimedio di cui all’art. 2598 c.c., giacchè tutti i profili di illecito sono già stati già sanzionati con la tutela speciale del diritto d’autore e la relativa lesione dei diritti di utilizzazione economica.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, in composizione collegiale, definitivamente decidendo sulle domande proposte da Dynit s.r.l. con atto di citazione notificato in data 3.12.2015 contro Yamato s.r.l. e Koch Media s.r.l. ogni altra domanda ed eccezione diversamente disattesa e rigettata, cosìprovvede:

  1. accerta e dichiara che tutti i diritti di utilizzazione economica della traduzione e adattamento in lingua italiana dei dialoghi in lingua straniera delle opere cinematografiche oggetto di lite sono di titolarità esclusiva di Dynit s.r.l.;
  2. accerta e dichiara che l’avvenuta riproduzione e commercializzazione da parte delle convenute Yamato S.r.l. e Koch Media S.r.l. dei videogrammi contenenti le opere cinematografiche oggetto di lite con l’utilizzo della traduzione e adattamento in lingua italiana dei dialoghi in lingua straniera di titolarità della Dynit S.r.l., costituisce violazione del relativo diritto di utilizzazione economica e del diritto connesso al predetto diritto d’autore spettanti a quest’ultima;
  3. condanna Yamato S.r.l. al risarcimento del danno a favore della Dynit S.r.l., pari all’importo di € 40.000,00 -di cui € 31.000,00 in solido con Koch Media s.r.l.- oltre interessi legali, dalla pronuncia al saldo;
  4. condanna Yamato S.r.l. e Koch Media S.r.l. in solido alla refusione delle spese del presente giudizio, liquidate in € 20.000,00 di cui € 2.000,00 per spese ed il residuo per compensi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA e spese di registrazione.

Così deciso in Milano il 16 gennaio 2020 (Sentenza n. 2658/2020 pubbl. il 30/04/2020RG n. 70751/2015)

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