Diritti di traduzione: il diritto d’autore e le traduzioni di un’opera

Approfondendo i diritti di traduzione di un’opera non dobbiamo dimenticare che Il diritto d’autore comprende, secondo le disposizioni dell’art. 18 LdA, il diritto esclusivo di tradurre l’opera in altra lingua o dialetto.

Diritti di traduzione: Art.4 LdA

L’art. 4 della Legge sul diritto d’autore riguarda più direttamente i traduttori e infatti recita:

Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull’opera originaria, sono protette le elaborazioni di carattere creativo dell’opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale

Questo articolo viene completato dall’art. 7 LdA che dispone:

È considerato autore delle elaborazioni l’elaboratore, nei limiti del suo lavoro.

Ogni volta quindi che la LDA parla di “autore” ai nostri fini bisogna intendere “traduttore”, ossia autore dell’opera di elaborazione “traduzione”.
La LDA attribuisce al traduttore una serie di diritti morali e patrimoniali (di utilizzazione economica).

Si può violare il diritto d’autore di una traduzione?

La riproduzione e commercializzazione di videogrammi contenenti opere cinematografiche con l’utilizzo della traduzione e adattamento in lingua italiana dei dialoghi in lingua straniera costituisce una violazione del relativo diritto di utilizzazione economica e del diritto connesso al predetto diritto d’autore?

I diritti di traduzione e il doppiaggio dell’opera

Le traduzioni in un’altra lingua di un’opera sono tutelate espressamente dal dettato di cui all’art. 4 .l. aut., disposizione ritenuta pressoché all’unanimità estendibile alle traduzioni e all’adattamento dei dialoghi in lingua straniera di un film (cfr. Cass. 12/03/2004, n.5089; Cass. 28/11/2011, n.25173; Cass. 23/11/2005, n.245494; Cass. 27/10/2005 n.20925; Cass. 12/03/2004, n.5089). Nella sentenza del Tribunale di Milano del 16 gennaio 2020 (Sentenza n. 2658/2020 pubbl. il 30/04/2020RG n. 70751/2015), viene chiarita la natura del diritto del doppiatore su opere cinematografiche.

Il caso in esame: la titolarità dei diritti azionati in capo a Dynit

Parte attrice ha dedotto e documentato di avere acquisito dall’originaria titolare – la licenziante giapponese Dynamic Planning, fondata dall’autore Go Nagai – il diritto di distribuire sul territorio italiano, limitatamente al canale Home video, “film anime” con facoltà di adattare al pubblico i dialoghi in lingua italiana e di procedere al doppiaggio. Parte attrice ha allegato e provato altresì di avere proceduto al doppiaggio di tali filmati, avvalendosi di alcuni importanti interpreti.

L’esaurimento dei diritti in capo all’attrice ed il difetto di legittimazione attiva

Le convenute hanno in primo luogo sostenuto la sopravvenuta cessazione della titolarità dei diritti azionati in capo all’attrice per effetto della intervenuta scadenza dei contratti a suo tempo sottoscritti da Dynit con la Casa giapponese. Yamato sostiene che Dynit aveva acquisito il diritto di far uso del doppiaggio solo per la durata della licenza, non maturando alcun diritto d’autore in proprio sulla trasposizione in lingua. Al termine del contratto di licenza era infatti espressamente previsto l’obbligo di distruggere tutte le edizioni della versione originale e dell’opera concessa in licenza (cfr. doc. 12 di parte convenuta).

L’eccezione è infondata: i diritti azionati non attengono all’opera filmica in sé, di titolarità della licenziante giapponese, ma di un peculiare diritto sorto autonomamente in capo al doppiatore, sorto in costanza di licenza, e che permane nel suo patrimonio anche ove il diritto di riproduzione del film venga meno. Dalla previsione negoziale consegue esclusivamente l’insussistenza del diritto dell’attrice di vietare la proiezione dei film in Italia, una volta scaduta la licenza, nella versione acquisita dalla titolare e di proseguire una propria autonoma diffusione: permane tuttavia in capo alla stessa la facoltà di proibire ai terzi di utilizzare il proprio doppiaggio, i cui diritti di utilizzazione sono sorti in via originaria a favore di Dynit ed acquisiti tra le proprie prerogative e non sono stati ceduti a terzi.

Il risarcimento del danno

Occorre tenere in conto che si tratta di nove riproduzioni cinematografiche rispetto alle quali il doppiaggio costituisce una sola frazione dei diritti autorali cumulati nel singolo film e che le opere litigiose erano già state riproposte sul mercato nazionale dalla stessa attrice. Il Collegio ritiene dunque congruo -pur tenendo conto del criterio correttivo al rialzo della somma che sarebbe stata pattuita in sede di libera contrattazione anche al fine disincentivante della violazione- riconoscere a titolo risarcitorio complessivo l’importo complessivo di € 40.000,00 quale somma complessiva già liquidata in moneta attuale, sulla quale decorrono gli interessi legali dalla pronuncia al saldo. Tale somma esaurisce il pregiudizio patito dall’attrice, non potendosi considerare in via cumulativi gli utili conseguiti dalle convenute sul mercato a seguito della lesione.

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