La responsabilità di Facebook per i contenuti pubblicati sul social media

Facebook è obbligato a eliminare i commenti denigratori segnalati dal diretto interessato? In particolare, un hosting provider è costretto a cercare e individuare tutti i commenti identici o simili a un commento diffamatorio di cui sia stata accertata l’illiceità, se provenienti dallo stesso utente senza limitazioni territoriali?

Corte di Giustizia UE: le conclusioni dell’Avvocato Generale in tema di responsabilità dell’hosting provider

Iniziamo dalle conclusioni sulle responsabilità del provider, quelle che l’avvocato generale della Corte di giustizia Maciej Szpunar ha presentato lo scorso 4 giugno ai giudici della Corte di Lussemburgo

  1.  Su Internet si scrive con l’inchiostro, non a matita, constata un personaggio di un film americano uscito nel 2010. Mi riferisco in questo caso, e non è una coincidenza, al film The Social Network.
  2. Infatti, al centro della causa in esame si trova la questione se un host provider che gestisce una piattaforma di rete sociale in linea possa essere obbligato a far sparire, con l’ausilio di un metaforico correttore per inchiostro, determinati contenuti messi in rete da utenti di tale piattaforma.
  3. Più specificamente, con le sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio invita la Corte a specificare la portata personale e sostanziale degli obblighi che possono essere imposti ad un host provider, senza che ciò porti ad imporre un obbligo generale in materia di sorveglianza, vietato ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31/CE. Il giudice del rinvio chiede parimenti alla Corte di dichiarare se, nell’ambito di un’ingiunzione emessa dal giudice di uno Stato membro, un host provider possa essere costretto a rimuovere determinati contenuti non solo per gli utenti di Internet di tale Stato membro, bensì anche a livello mondiale.

Cosa è successo? In Austria un utente Facebook ha condiviso un articolo di stampa locale nel quale appariva una foto della parlamentare, Sig.ra Eva Glawischnig-Piesczek, deputata del parlamento austriaco. L’utente ha inserito un commento denigratorio relativo alla foto, scatenando commenti dello stesso tenore e successive condivisioni.

La Sig.ra Eva Glawischnig-Piesczek manda prima una diffida per far eliminare il contenuto. Ma Facebook non si attiva. La deputata va in Tribunale e ottiene un’ordinanza cautelare che obbliga Facebook alla rimozione dei commenti. In ottemperanza all’ordinanza,  Facebook rimuove il contenuto, ma limitatamente alla nazione austriaca.

La Sig.ra Eva Glawischnig-Piesczek richiede all’Oberster Gerichtshof (la Corte suprema austriaca) l’estensione del provvedimento inibitorio a livello mondiale, e alle dichiarazioni di contenuto equivalente di cui Facebook non fosse a conoscenza. Per questa seconda richiesta viene investita della questione la Corte di giustizia, per valutare quindi e correttamente interpretare la normativa nazionale alla luce della direttiva europea sul commercio elettronico.

La direttiva europea sul commercio elettronico

In base alla direttiva, un host provider (quale Facebook), in linea di principio, non è responsabile dei contenuti illecitamente condivisi da terzi sui suoi server.

Il provider non ha né un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni memorizzate sui propri server, né  quello di ricercare attivamente i fatti o le circostanze che rivelano attività illecite.

Il provider non è responsabile quanto meno fino a che non sia venuto a conoscenza dell’attività illecita. Infatti una volta che il provider sia venuto a conoscenza dell’illiceità (e più volte la Corte di giustizia e per quanto riguarda l’Italia la stessa Cassazione hanno stabilito sia sufficiente la diffida del soggetto interessato), ha l’obbligo di cancellare o rimuovere il contenuto.

Se non si obbligasse il provider a rimuovere tutti i contenuti illeciti simili al primo, condivisi dall’utente originario e comunque non solo con riguardo al territorio nazionale, la tutela dei diritti del soggetto leso rischierebbe di essere depotenziata ed il provvedimento giudiziale relativo deprivato di effettività (conclusioni dell’Avvocatura).

Infatti, considerato che la direttiva non stabilisce limitazioni territoriali, l’host provider è costretto a rimuovere le informazioni illecite a livello mondiale.

Vediamo cosa deciderà la Corte.

 

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