Ricreare le azioni salienti delle partite di Serie A tramite videogioco non costituisce violazione dei diritti audiovisivi. Una decisione che accende i riflettori sul rapporto tra gaming, diritti sportivi e libertà di espressione nell’era digitale.
Il caso Luke92fut: quando il gaming incontra il calcio
Al centro della controversia c’è un content creator che, con il nickname “@Luke92fut“, ricreava le azioni più spettacolari della Serie A utilizzando EA Sports FC25 (ex FIFA) e pubblicava i video su YouTube, TikTok e Instagram. Il tutto con tempistiche ravvicinate alle partite reali, attirando migliaia di follower.
La Lega Serie A non l’ha presa bene. Ha citato il creator sostenendo che questi “highlights virtuali” violassero i suoi diritti audiovisivi esclusivi sulle immagini salienti delle partite, tutelati dal Decreto Melandri (D.Lgs. 9/2008). La richiesta? Rimozione immediata di tutti i contenuti e divieto di pubblicarne altri.
La decisione del Tribunale: l’abilità nel gaming non è pirateria
Il Tribunale di Genova ha dato torto alla Lega con un’ordinanza che fa giurisprudenza. Il ragionamento dei giudici è chiaro: i video di Luke92fut non sono “elaborazioni grafiche” delle immagini ufficiali, ma creazioni originali realizzate tramite l’abilità personale nell’uso del videogioco. Le differenze sono sostanziali: numero di giocatori coinvolti, posizioni in campo, tempistiche e dinamiche dell’azione. Il prodotto finale si discosta talmente tanto dalle azioni reali da non poter essere considerato sostitutivo degli highlights ufficiali. Come ha sottolineato il Tribunale, tra l’evento sportivo e il video pubblicato si interpone “l’attività caratteristica” del gamer, che ricostruisce l’azione usando le potenzialità del videogioco, non trasferisce semplicemente le immagini televisive.
Libertà di espressione vs. diritti audiovisivi
Fino a dove può spingersi la tutela dei diritti audiovisivi senza comprimere la libertà di espressione garantita dall’articolo 21 della Costituzione e dall’articolo 10 della CEDU? Il Tribunale ha riconosciuto che interpretazioni troppo estensive rischierebbero di soffocare forme legittime di creatività digitale, giornalismo sportivo amatoriale e social commentary. Il Decreto Melandri, pensato per un’epoca pre-digitale, mostra tutti i suoi limiti di fronte ai nuovi strumenti tecnologici.
Un precedente per l’industria del gaming
Questa ordinanza rappresenta un importante precedente per content creator, streamer e gamer che producono contenuti ispirati agli eventi sportivi. Non tutto ciò che “ricorda” una partita reale costituisce violazione del copyright. Resta da vedere se la Lega Serie A deciderà di proseguire in giudizio o se questa decisione aprirà la strada a nuove forme di collaborazione tra mondo dello sport e gaming community. Una cosa è certa: il futuro dei diritti sportivi dovrà fare i conti con la rivoluzione digitale.
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