La parodia: significato ed eccezione per non chiedere il consenso all’autore

La parodia è quell’opera creativa originale che trae libera ispirazione da un’opera precedente, deformandone le caratteristiche salienti e pervenendo quindi ad un’opera con delle fattezze strutturalmente diverse da quella parodiata e spesso con degli effetti completamente opposti.

Il significato di parodia

La parodia di un’opera spesso presuppone la riutilizzazione di aspetti salienti di un’opera precedente in una prospettiva opposta (comica/drammatica) completamente rovesciata rispetto a quella precedente.

Questa impostazione è stata seguita dalla giurisprudenza nazionale ed anche recepita da quella della Corte Europea di Giustizia nella nota Sentenza Deckmyr/Vandersteen C -201 -13, la quale ha avuto modo di affermare il principio per cui la nozione di parodia

ha carattere autonomo nel diritto dell’Unione e deve pertanto essere interpretata in modo uniforme nel territorio di quest’ultima secondo il significato abituale del termine nel linguaggio corrente e le sue caratteristiche essenziali che sono, da un lato, quella di evocare un’opera esistente da cui essa si deve differenziare in maniera percettibile e, dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio.

parodia
Tribunale Roma 16/04/2021 [Diritti d’autore – Opere cinematografiche – Tutela autoriale del personaggio – Interpretazione di buona fede diretta ad escludere qualsiasi volontĂ  plagiaria per l’assenza di un uso massiccio di riferimenti]
La Corte Europea ha quindi avuto modo di affermare il principio per cui la parodia rappresenta un dato creativo autonomamente tutelabile dalla normativa sul diritto d’autore, dato creativo che si va ad innestare sull’opera parodiata determinando la nascita di diritti autoriali nuovi ed originali rispetto all’opera parodiata.

In sostanza anche un chiaro richiamo ad un’opera precedente, lungi dal costituire violazione del diritto d’autore, è ammissibile nel momento in cui evoca sobriamente l’opera antecedente come breve omaggio, tributo all’attore o al regista, in quanto è lo stesso autore/regista che “confessa” la propria estraneitĂ  all’opera autoriale precedente e la incorpora come tale nella propria al solo fine di denunciare i propri riferimenti narrativi o bibliografici.

Parodia e consenso dell’autore

Nel diritto d’autore, ex art 6 l.d.a., la titolarità di un’opera si acquista nel momento in cui viene creata. Da quel momento in poi il titolare vanta una serie di diritti patrimoniali e morali che potrà far valere nei confronti di chi, a seguito di uno sfruttamento illecito, ne tragga indebito vantaggio.

Come si può sfruttare un’opera altrui senza violare il diritto d’autore? Chiedendo l’autorizzazione al titolare e versando un compenso a seguito dell’autorizzazione.

Questa regola generale vale sempre? No.

La disciplina italiana ed europea prevedono una serie di eccezioni. Tanto la Direttiva UE 2001/29/CE, sull’armonizzazione di alcuni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, all’art. 5, par. 3, lett. k), quanto la Corte di Giustizia Europea, interpellata a seguito di una controversia tra il sig. Deckmyn, membro di un partito politico fiammingo, e i titolari dei diritti connessi sull’opera di Vandersteen, fumettista degli anni Sessanta, hanno individuato le condizioni necessarie affinché si possa realizzare una parodia.

Le caratteristiche essenziali della parodia sono:

  • da un lato quella di evocare un’opera esistente da cui essa si deve differenziare in maniera
    percettibile;
  • dall’altro, quella di costituire un atto umoristico o canzonatorio.

Non è invece richiesto il carattere originale diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera parodiata.

Il titolare dell’opera primaria non può impedire lo sfruttamento della sua opera per la parodia

Ad esempio, è possibile realizzare la parodia di un video altrui trovato su You Tube, sempre che questo contenga differenze rispetto all’opera originale e che non crei confusione circa la paternità delle opere.

Nell’ordinamento nordamericano ed in quello continentale, sono previste delle eccezioni al consenso dell’autore. Queste libere utilizzazioni vengono indicate nei sistemi di Common Law con la locuzione “Fair Use” intesa come “l’utilizzo di materiale protetto dal copyright per scopi come il diritto di critica, il giornalismo, l’insegnamento e la ricerca”.

I fattori per determinare se si parla di Fair use sono:

  • la sussistenza di scopi didattici e non lucrativi;
  • la natura dell’opera protetta
  • la quantitĂ  e la sostanzialitĂ  della porzione utilizzata in relazione all’opera protetta nel suo complesso
  • le conseguenze di tale uso su un potenziale mercato o sul valore dell’opera protetta da copyright.

In conclusione, sia nei paesi di civil law che in quelli di common law, lo sfruttamento satirico di un’opera altrui è ammissibile senza un previo consenso e se sussistono le condizioni indicate dalla Corte di Giustizia Europea.

La nozione di parodia chiarita dalla Corte di Giustizia

Un esponente politico belga di estrema destra, durante una festa di capodanno, distribuisce ai suoi invitati un calendario nel quale è contenuto un disegno che riprende la copertina dell’album “La tomba indù” del fumetto Bob&Bobette (personaggi molto noti in Belgio).

La copertina del calendario riproduce quella di un episodio del fumetto con alcune modifiche cosi da trasmettere un messaggio riconducibile all’ideologia del partito.

Il “benefattore” raffigurato nella copertina del fumetto era stato sostituito con una personalità politica, mentre i “beneficiari” della sua generosità, originariamente privi di caratteri specifici, erano stati trasformati in immigrati o residenti stranieri, per trasmettere il messaggio del partito.

La nozione di parodia chiarita dalla Corte di Giustizia

Gli eredi di Willy Vandersteen, disegnatore del fumetto, decidono di rivolgersi al Tribunale di Bruxelles, per impedire la diffusione del calendario.

Secondo gli attori, il disegno in questione non era idoneo a soddisfare i requisiti della parodia, primo tra tutti quello relativo all’originalità dell’opera parodistica; inoltre, si censurava il carattere discriminatorio del messaggio trasmesso dal disegno (in ragione della circostanza per cui, in quest’ultimo, i personaggi che nell’opera originale raccoglievano le monete gettate dal “benefattore” erano stati sostituiti da persone che indossano un velo e da persone di colore), tale da produrre l’effetto di associare l’opera originaria ad un siffatto messaggio.

In primo grado, le loro domande sono accolte: viene così dichiarata la violazione del diritto d’autore e ordinato il ritiro del calendario.

I giudici dell’Appello, invece, rinviano il caso alla Corte di Giustizia, sottoponendo i seguenti quesiti:

“1) Se la nozione di “parodia” sia una nozione autonoma di diritto dell’Unione.

2) In caso di risposta affermativa, se una parodia debba soddisfare le seguenti condizioni o presentare le seguenti caratteristiche:

  • mostrare un proprio carattere originale (originalitĂ );
  • mostrare siffatto carattere in modo tale che la parodia non possa essere ragionevolmente attribuita all’autore dell’opera originale;
  • mirare a fare dell’umorismo o a canzonare, indipendentemente dal fatto che la critica in tal modo eventualmente espressa colpisca l’opera originale oppure qualche altra cosa o persona;
  • indicare la fonte dell’opera oggetto di parodia.

3) Se un’opera debba soddisfare ulteriori condizioni o presentare ulteriori caratteristiche per poter essere qualificata come parodia”.

La base giuridica di partenza è costituita dalla direttiva 2001/29 sul diritto d’autore e i diritti connessi che stabilisce la necessità di assicurare “un giusto equilibrio tra i diritti e gli interessi delle varie categorie di titolari nonché tra quelli dei vari titolari e quelli degli utenti dei materiali protetti” e, all’art. 5, inserisce la parodia e le caricature tra le eccezioni al diritto d’autore (e, quindi, tra i casi in cui è ammesso lo sfruttamento di un’opera protetta, senza dover versare nulla al creatore dell’opera originaria).

In merito alla prima questione, la Corte di Giustizia ritiene che la nozione di “parodia”, in assenza di una definizione legislativa, debba essere intesa sulla base del significato abituale del termine nel linguaggio corrente.

L’opera parodistica, quindi, dovrebbe, da un lato “evocare un’opera esistente, pur presentando percettibili differenze rispetto a quest’ultima”, e, dall’altro, “costituire un atto umoristico o canzonatorio”.

Sul secondo profilo, invece, la sentenza si ricollega alla nozione di “giusto equilibrio”: l’uso di un’immagine altrui, modificata e parodiata, determina creazione di una nuova opera.

L’applicazione dell’“eccezione” per la parodia deve rispettare un giusto equilibrio tra gli interessi dei titolari di diritti, da un lato, e la libertà di espressione della persona che intende avvalersi di tale eccezione, dall’altro.

In tale contesto, la Corte constata che se una parodia trasmette un messaggio discriminatorio i titolari di diritti dell’opera parodiata hanno, in linea di principio, un legittimo interesse a che la loro opera non sia associata ad un siffatto messaggio.

In proposito, la Corte ricorda l’importanza del principio di non discriminazione a motivo della razza, del colore e dell’origine etnica, così come previsto dalla Direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica, e confermato, in particolare, all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Spetterà al giudice del rinvio valutare se tale giusto equilibrio sia assicurato nel caso di specie, tenendo conto di tutte le circostanze della fattispecie concreta.

In definitiva, la parodia deve limitarsi a contenere differenze facilmente riconoscibili rispetto all’opera originale e non deve creare confusione sulla paternità delle opere. Non è necessario, invece, che sia citata l’opera primaria, né che sia dovuto un compenso al suo autore.

Più complessa – ma la Corte di Giustizia non si pronuncia sul punto – è invece la questione relativa al diritto dell’autore di impedire l’utilizzo della propria opera laddove la parodia, come nel caso di specie, contenga messaggi violenti o razzisti.

Sul punto, l’opinione dell’Avvocato Generale afferma l’uso dell’immagine originaria non possa essere interdetto “solo perché il messaggio non è condiviso dall’autore dell’opera originale o può sembrare deplorevole a gran parte dell’opinione pubblica”, ma, al contempo, che non siano ammissibili “le alterazioni dell’opera originale che, nella forma o nella sostanza, trasmettano un messaggio radicalmente contrario alle convinzioni più profonde della società”.

In altri termini, occorre rispettare non le idee e le convinzioni dell’autore dell’opera parodiate, ma quelle – dai contorni sicuramente sfumati – dell’intera società sulle quali, riprendendo ancora le parole dell’Avvocato Generale, si fonderebbe “lo spazio pubblico europeo”.

La sentenza è del 3 settembre 2014 (causa C-201/13, Johan Deckmyn e Vrijheidsfonds VZW c. Helena Vandersteen, Christiane Vandersteen, Liliana Vandersteen, Isabelle Vandersteen, Rita Dupont, Amoras II CVOH e WPG Uitgevers BelgiÍ).

Le opere parodistiche e il caso Jeff Koons

Le opere parodistiche, quelle burlesche o ironiche, ma più in generale le opere che rivisitano un’opera altrui (non essendo necessario che ispirino ironia o inducano al riso, ben potendo suggerire messaggi diversi, anche tragici, critici o drammatici), sono tali nella misura in cui mutano il senso dell’opera parodiata, in modo tale da assurgere al ruolo di opera d’arte autonoma, come tale degna di autonoma tutela.

Le opere parodistiche e l’imitazione

In tale ottica non può essere attribuito rilievo risolutivo alla maggior o minore imitazione dell’opera parodiata (vedi Trib. Milano, 15.11.1995 caso Susanna Tamaro), anche se tale dato può contribuire alla valutazione e può costituire uno degli indici dell’apporto creativo realizzato dal secondo autore.

Il messaggio artistico

È vero tuttavia che al fine della considerazione dell’opera derivata (sembra preferibile tale termine a quello, un pò riduttivo, di opera parodistica) l’esame deve essere condotto non tanto evidenziando le identità e le somiglianze con l’opera originale, bensì considerando se l’opera derivata nel suo complesso, pur riproducendo — tanto o poco — l’opera originale e comunque ispirandosi a questa, se ne discosti per trasmettere un messaggio artistico diverso.

Contraffazione e Reinterpretazione

In questo ambito quindi si deve distinguere chi copia, riproduce illecitamente e quindi contraffa un’opera altrui e chi reintepreta quest’opera al fine di tradurla in un’espressione artistica diversa, di per sé creativa e idonea a trasmettere un messaggio proprio.

Nell’ambito della giurisprudenza statunitense, la differenza tra opera originale e opera derivata può essere meglio spiegata, da due opposte decisioni dei casi che hanno visto coinvolto Jeff Koons.

Le opere parodistiche e il caso Jeff Koons

Le opere parodistiche e il caso Jeff Koons

Jeff Koons – Artwork: String of Puppies

Il primo caso, più risalente nel tempo, riguarda la ripresa della “String of puppies”, una fotografia di Arthur Rogers, nella quale appaiono due signori seduti su una panchina con in braccio quattro cuccioli di cane.  In questo caso, la Corte Federale americana dà torto a Jeff Koons, considerando che non si tratta di una satira dell’opera d’arte che Koons aveva voluto copiare, ma di una satira della società, del modo della società di porsi rispetto all’oggetto. Quindi l’opera id Koons non trasmette nessun messaggio rispetto all’opera originaria, rappresentata dalla fotografia di Arthur Rogers.

Jeff Koons – Niagara

Il secondo caso sopra citato, che parimenti vede coinvolto Jeff Koons, viene invece risolto nel senso opposto. Si tratta della riproduzione in un dipinto di Koons di una fotografia di Andrea Blanch, realizzata per una pubblicità di sandali di Gucci e raffigurante due piedi incrociati, calzati appunto da detti sandali.

Tale immagine vieni ripresa da Jeff Koons in un famoso dipinto (Niagara), di notevoli dimensioni, elemento questo non trascurabile, tanto che è stato considerato nella sentenza.

Le opere parodistiche e il caso Jeff Koons: imitazione e contraffazione

In questo caso è stato evidenziato che la fotografia era stata inserita nell’opera di Koons, ma con notevoli trasformazioni. Il dipinto, infatti, raffigura ben quattro coppie di piedi e non più solo una coppia, alcune “vestite”, altre prive di scarpe, su un fondo completamente diverso, ed altresì con un’inversione, perché la fotografia originaria rappresenta le punte dei piedi rivolte verso l’alto, mentre nell’opera pittorica queste si trovano rivolte verso il basso, avendo, inoltre, Koons aggiunto anche un calcagno che non si vede nella fotografia originale ed avendo così realizzato un’opera del tutto diversa. Con riferimento ai criteri di cui al par. 107 della legislazione americana (c.d. fair use), la corte statunitense nega quindi protezione alla fotografia.

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