Diffamazione a mezzo internet: quando quello che si scrive sui social network si può dire diffamazione?

diffamazione sui social

Il reato di diffamazione, disciplinato dagli artt. 595 e ss. c.p., punisce chi, comunicando con più soggetti, offende la reputazione di persone non presenti, dunque prive di ogni possibilità di difesa o ritorsione.

Quando si può parlare di diffamazione a mezzo internet? C’è differenza tra il reato di diffamazione a mezzo internet e quello di diffamazione a mezzo stampa?

Per parlarne partiamo da un caso pratico.

Daniela Martani ha definito Fedez e la Ferragni “idioti palloni gonfiati” su Twitter e per questo è stata querelata dai due che si sono ritenuti offesi per diffamazione online.

Il reato di diffamazione attraverso il web e i social network

La querela ha dato origine a una indagine penale per diffamazione aggravata. Ma questa volta, a causa della presunta mancanza di autorevolezza che differenzia i social dal mezzo stampa tradizionale, la Procura non ha riconosciuto alcun reato di diffamazione via internet, a mezzo social.

Il Pubblico Ministero, quindi, ha deciso di archiviare il caso, facendo leva su una interpretazione minoritaria della giurisprudenza.

A parere della Procura, sui social le “espressioni denigratorie godono di scarsa considerazione e credibilità” e quindi sarebbero “non idonee a ledere la reputazione” dal momento che “la generalità degli utenti non dà peso alle notizie che legge” sui social.

La decisione si distacca in modo drastico da quelle maggioritarie che ritengono che i contenuti offensivi pubblicati sui social ricadano inevitabilmente all’interno dei confini del reato di diffamazione e che la diffamazione sul web abbia gli stessi requisiti di offesa dell’altrui reputazione di qualsiasi altro mezzo di comunicazione.

La diffamazione online secondo la Procura

Secondo questa decisione della Procura, esistono delle differenze tra il mondo del web e i mezzi tradizionali di comunicazione. I concetti giuridici di immagine e di reputazione sarebbero dunque diversi a seconda che avvengano online o da fonti più attendibili o accreditate come tali.

Si tratta solo di una decisione isolata o si sta forse assistendo a una revisione dell’attendibilità di quello che si legge sui social? Le considerazioni con cui la Procura di Roma ha motivato la richiesta di archiviazione cambiano i confini penalistici della lesione dell’immagine e del reato di diffamazione su internet?

Negli ultimi anni la Giurisprudenza si è pronunciata sui requisiti richiesti al fine di determinare la rilevanza del danno e la sua risarcibilità.

I Giudici di legittimità hanno per esempio stabilito che la lesività delle informazioni che circolano nel web è tanto maggiore quanto è estesa la diffusione della notizia (Cass., Sez. 3^ Civ., Ord. n. 16908/2018).

La Giurisprudenza di legittimità ha evidenziato la superficialità con cui gli utenti registrano un messaggio nel web rispetto anche solo al titolo di un articolo di giornale che, nella maggior parte dei casi, è decontestualizzato e dunque fonte di un danno all’immagine potenzialmente maggiore (Cass., Sez. 3^ Civ., Ord. n. 12012/2017).

La diffamazione a mezzo internet e il danno all’immagine

Secondo la Corte di Cassazione e le linee guida dalla medesima tracciate il danno all’immagine via web non rientra nel concetto tradizionale di danno.

Il giudizio sulla lesività di un contenuto a prescindere dall’accertamento dell’effettiva lesione del commento nella sfera privata del destinatario del commento, potrebbe avere riflessi di rilievo sulla tutela della reputazione anche di aziende e società commerciali.

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