Responsabilità di chi crea link e Diritto D’Autore

Mentre gli Stati Uniti, l’Europa e molti altri paesi limitano la responsabilità dei motori di ricerca per il fatto di creare solo dei link tra gli autori e gli utenti, l’Australia sembra essere riuscita a bypassare il concetto di link per adottare soluzioni legislative più forti supportate dalla giurisprudenza. Per cercare di determinare il livello per il quale un fornitore di servizi sarà ritenuto responsabile per i contenuti che non controlla, un caso è della Corte Suprema dell’Australia del Sud. Si tratta del caso Duffy contro Google.

Questo caso coinvolge la dottoressa Janice Duffy, una ex ricercatrice sulla salute fisica e psichica e il sito web statunitense Ripoff Report (RR), un sito di tutela dei consumatori che permette agli utenti di caricare informazioni relative a imprese fraudolente. Nel corso di un periodo compreso tra il 2005-2006, la dottoressa Duffy fa parte di un sito web che tratta di tarocchi, oroscopi e psychic readings che si chiama Kasamba (http://www.kasamba.com), dove chatta, comunica ed è impegnata in varie interazioni con altri utenti, tra cui le psychic reading a pagamento.

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Dopo essere stata delusa da alcuni dei servizi e delle psychic readinrese, aventi ad oggetto relazioni sentimentali e in particolare falliti tentativi di iniziare o trovare l’amore, la dottoressa ha chiesto un rimborso, che non ha mai ricevuto.

Nel 2007, dunque, totalmente disillusa dal sito e dai servizi offerti, ha scritto una critica contro Kasamba e l’ha pubblicata su RR. Duffy si è dunque trovata coinvolta nel tipico dramma, che nel caso di specie, ha visto come protagonisti i vari utenti di Kasamba e i sensitivi, dell’amante respinto e le chat e le comunicazioni con vari membri Kasamba si sono fatte sempre più accese. Il dramma è culminato nel dicembre del 2007, quando la dottoressa Duffy, utilizzando un nome falso, ha postato un messaggio su RR sostenendo che la psychic reading di Kasamba aveva  causato il suicidio di un amico.

Ciò ha indotto una risposta quasi immediata delle persone sostenitrici di Kasamba che hanno anche loro iniziato a  caricare, in risposta al messaggio di Duffy su Ripoff, le loro impressioni sulla dottoressa: Janice Duffy – Psychic Stalker! Psychics Beware Of Australian Psychic Stalker!.

Altri messaggi simili si sono susseguiti nel 2008.

Nel 2009 la dottoressa Duffy ha condotto diverse ricerche su Google usando il suo nome e ha notato che le ricerche producevano una serie di link alle pagine di RR. Dunque ha inviato una lettera a Google Australia chiedendo la rimozione dei link. Ne sono seguite comunicazione tra lei e Google Australia, ma i collegamenti sono rimasti sino al 2011 quando i risultati delle ricerche sono stati rimossi solo da Google Australia.

La dottoressa Duffy ha condotto un’altra ricerca, che includeva la frase “Janice Duffy psychic stalker” e ha chiamato in causa Google per la pubblicazione di dichiarazioni diffamatorie. Considerato che in Australia mancano disposizioni analoghe a quelle contenute nella direttiva sul commercio elettronico e anche la sezione 5 del Defamation Act 2013, la Corte Suprema del South Australia ha dovuto rispondere a una semplice domanda: Google risponde di commenti diffamatori pubblicati da qualcun altro? Casi del genere sono già stati discussi in Australia per esempio in Godfrey v Demone Internet e Bunt v Tilley.

La Corte, nel caso di specie, ha giudicato Google non un semplice motore di ricerca che ha creato un link tra il nome della dottoressa e il sito di RR ma Google è stato un editore secondario, considerato il fatto che la ricerca del nome abbinata alle dichiarazioni diffamatorie  ha prodotto come risultato automatico l’articolo giudicato diffamatorio.

Il testo dice che la dottoressa Janice Duffy è una psychic stalker e gli utenti dovrebbero cliccare sul titolo della pagina web di Google per essere linkati alla pagina Web Ripoff che fornisce ulteriori dettagli. Ma il sito web di Google è programmato automaticamente per visualizzare la pagina Web Ripoff  facendo clic sul collegamento ipertestuale. In queste circostanze, Google è un editore secondario della pagina di Ripoff  se e nella misura in cui Google non è riuscito a rimuovere il paragrafo che incorpora il collegamento ipertestuale dopo un tempo ragionevole trascorso dalla notifica della dottoressa Duffy.

Il Giudice quindi sembra profondamente convinto che Google abbia pubblicato il contenuto diffamatorio, mentre gli avvocati di Google hanno cercato di difendersi con vari ragionevoli diverse motivazioni: disseminazione innocente, privilegio qualificato e verità contestuale. La decisione poi fa un un esame approfondito sul contenuto delle  affermazioni e le considera diffamatorie tenuto conto del fatto che la relazione pubblicata su RR contiene alcuni forti commenti contro la dottoressa Duffy. La decisione costituisce un precedente molto pericoloso sopratutto se si pensa che la dottoressa Duffy è stata la prima ad utilizzare il RR per pubblicare dichiarazioni potenzialmente diffamatorie, ma il giudice ha ignorato il fatto.

Ma vediamo cosa succede in Europa.

Media BV / Sanoma Media Netherlands BV, Playboy Enterprises International Inc., Britt Geertruida Dekker: la comunicazione al pubblico e il link a scopo di lucro

Il collocamento su un sito Internet di un collegamento ipertestuale verso opere protette dal diritto d’autore e pubblicate senza l’autorizzazione dell’autore su un altro sito Internet non costituisce una comunicazione al pubblico quando la persona che colloca detto link agisca senza fini di lucro e senza essere al corrente dell’illegittimità della pubblicazione di dette opere. Se invece tali collegamenti ipertestuali sono forniti a fini di lucro, la conoscenza dell’illegittimità della pubblicazione sull’altro sito Internet deve essere presunta.

(Corte di giustizia dell’Unione europea COMUNICATO STAMPA n. 92/16 Lussemburgo, 8 settembre 2016 Sentenza nella causa C-160/15 GS Media BV / Sanoma Media Netherlands BV, Playboy Enterprises International Inc., Britt Geertruida Dekker)

La GS Media gestisce il sito Internet GeenStijl, su cui figurano «notizie, rivelazioni scandalistiche e inchieste giornalistiche su argomenti leggeri e con tono scherzoso», ed è uno dei dieci siti di attualità più visitati dei Paesi Bassi. Nel 2011 la GS Media ha pubblicato un articolo e un link che rimandava i lettori verso un sito australiano ove erano messe a disposizione fotografie della sig.ra Dekker. Tali foto erano pubblicate sul sito australiano senza il consenso della Sanoma, l’editore della rivista mensile Playboy che detiene i diritti d’autore delle foto in questione. Malgrado le ingiunzioni della Sanoma, la GS Media ha rifiutato di sopprimere il link di cui trattasi. Quando il sito australiano ha eliminato le foto su richiesta della Sanoma, il sito GeenStijl ha pubblicato un nuovo articolo contenente anch’esso un link verso un altro sito, su cui era possibile vedere le foto in questione. Quest’ultimo sito ha anch’esso dato seguito alla richiesta della Sanoma di rimuovere le fotografie. Gli internauti che visitavano il forum di GeenStijl hanno successivamente caricato nuovi link che rimandavano ad altri siti dove le fotografie potevano essere consultate.

Secondo la Sanoma, la GS Media ha violato il diritto d’autore

Adito in cassazione, la Hoge Raad der Nederlanden (Corte di cassazione, Paesi Bassi) interroga, al riguardo, la Corte di giustizia. Infatti, in forza di una direttiva dell’Unione, ogni atto di comunicazione di un’opera al pubblico deve essere autorizzato dal titolare del diritto d’autore. Tuttavia, la Hoge Raad, osserva che Internet contiene innumerevoli opere pubblicate senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore. Per il gestore di un sito Internet non sarebbe sempre facile verificare se l’autore abbia concesso la propria autorizzazione.

La sentenza

La Corte dichiara che, in forza della direttiva in questione, gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché gli autori godano del diritto esclusivo di autorizzare o di vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle loro opere. Allo stesso tempo, tale direttiva è intesa a garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, l’interesse dei titolari dei diritti d’autore e, dall’altro, la tutela degli interessi e dei diritti fondamentali degli utenti dei materiali protetti, segnatamente della loro libertà d’espressione e d’informazione nonché dell’interesse generale.

Link e diritto d'autore

I criteri per verificare la sussistenza della comunicazione al pubblico

In primo luogo, il carattere intenzionale dell’intervento. Pertanto, l’utente realizza un atto di comunicazione quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per fornire ai suoi clienti l’accesso a un’opera protetta.

In secondo luogo, la nozione di pubblico si riferisce a un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole.

In terzo luogo, il carattere lucrativo di una comunicazione al pubblico è rilevante.

Link e diritto d’autore: opere liberamente disponibili

La Corte precisa che la sua giurisprudenza precedente riguardava unicamente il collocamento di link verso opere che erano state rese liberamente disponibili su un altro sito Internet con il consenso del titolare e che quindi da essa non può desumersi che il collocamento di siffatti link sarebbe escluso in via di principio dalla nozione di «comunicazione al pubblico» qualora le opere di cui trattasi siano state pubblicate sull’altro sito senza l’autorizzazione del titolare. Riguardo a quest’ultima ipotesi, la Corte sottolinea, tuttavia, che Internet riveste un’importanza particolare per la libertà d’espressione e d’informazione e che i link contribuiscono al suo buon funzionamento nonché allo scambio di opinioni e di informazioni. Inoltre, essa riconosce che può risultare difficile, in particolare per i privati che intendano collocare siffatti collegamenti, verificare se si tratti di opere protette e, se del caso, se i titolari dei diritti d’autore di tali opere abbiano autorizzato la loro pubblicazione su Internet.

La valutazione della Corte

Alla luce di quanto precede, la Corte dichiara che, ai fini della valutazione individualizzata dell’esistenza di una «comunicazione al pubblico», qualora il collocamento di un link verso un’opera liberamente disponibile su un altro sito Internet sia effettuato da una persona senza fini di lucro, occorre tener conto della circostanza che tale persona non sia a conoscenza, e non possa ragionevolmente esserlo, del fatto che detta opera fosse stata pubblicata su Internet senza l’autorizzazione del titolare dei diritti d’autore. Per contro, qualora sia accertato che detta persona era al corrente, od era tenuta ad esserlo, del fatto che il link da essa collocato forniva l’accesso a un’opera illegittimamente pubblicata, ad esempio perché ne era stata avvertita dai titolari del diritto d’autore, la messa a disposizione di detto collegamento costituisce una «comunicazione al pubblico». Lo stesso vale nell’ipotesi in cui detto collegamento consenta agli utenti di eludere misure restrittive adottate dal sito contenente l’opera protetta per limitare l’accesso del pubblico ai soli abbonati.

Link e diritto d’autore: il fine di lucro

Peraltro, qualora il collocamento di link sia effettuato a fini di lucro, è legittimo aspettarsi che l’autore di tale collocamento realizzi le verifiche necessarie per garantire che l’opera di cui trattasi non sia illegittimamente pubblicata. Pertanto, deve presumersi che tale collocamento sia intervenuto con piena cognizione del fatto che l’opera è protetta e che il titolare del diritto d’autore potrebbe non aver autorizzato la pubblicazione su Internet. In siffatte circostanze, e a condizione che tale presunzione non sia confutata, l’atto di collocare un collegamento cliccabile verso un’opera illegittimamente pubblicata su Internet costituisce una comunicazione al pubblico.

Link e diritto d’autore: conclusione

Nel caso di specie è pacifico che la GS Media ha fornito i link verso i file contenenti le foto a fini di lucro e che la Sanoma non aveva autorizzato la pubblicazione di tali foto su Internet. Inoltre, dalla presentazione dei fatti, quale risulta dalla decisione dello Hoge Raad, sembra potersi desumere che la GS Media fosse consapevole dell’illegittimità di tale pubblicazione e che non possa quindi confutare la presunzione che il collocamento di detti collegamenti sia intervenuto con piena cognizione dell’illegittimità di tale pubblicazione. Fatte salve le necessarie verifiche da parte dello Hoge Raad, la GS Media, collocando detti collegamenti, ha quindi realizzato una comunicazione al pubblico.

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