Sfruttamento immagine: esempi e casi celebri

Approfondiamo l’argomento dello sfruttamento immagine nelle sue sfaccettature più importanti: dallo sfruttamento abusivo dell’immagine altrui allo sfruttamento postumo, passando per quello commerciale del nome con cenni e bozza contratto sfruttamento immagine.

Come sfruttare ed utilizzare immagini di personaggi famosi rispettandone i diritti?

Sfruttamento immagine: il caso Robin Williams

Mentre la moglie Susan e i figli Zachary, Zelda e Cody discutono per la divisione dei beni personali di Robin Williams (come gioielli e altri oggetti), l’Hollywood Reporter rivela che ciò che senza dubbio i familiari dell’attore scomparso prematuramente non potranno dividersi: la proprietà intangibile della sua immagine. La Robin Williams Trust ha infatti confermato che l’attore, prima di morire, ha lasciato in eredità i diritti di sfruttamento del suo nome, della sua firma, delle sue fotografie e della sua immagine alla Windfall Foundation, un’organizzazione benefica creata dai suoi legali.

Il fondo fiduciario restringe inoltre l’utilizzo dell’immagine e del nome di Robin Williams nel settore pubblicitario per 25 anni dopo la sua morte (non ci sarà quindi una pubblicità con Williams prima dell’11 agosto 2039), né permette la creazione di un ologramma dell’attore o del suo inserimento in un nuovo film con mezzi digitali. Se la Windfall Foundation non riuscisse a ottenere deduzioni fiscali in quanto organizzazione benefica, il fondo fiduciario affiderà i diritti a una o più organizzzioni benefiche con obiettivi simili (Medici Senza Frontiere, Make-a-Wish) che godano di tali deduzioni.

Questa decisione è probabilmente legata a una disputa attualmente in corso tra gli eredi di Michael Jackson e il fisco americano, ed è volta a evitare che proprio il fisco americano abbia troppi vantaggi dallo sfruttamento dell’immagine di Williams. Pare infatti che il Re del Pop sia debitore per più di $ 500 milioni per tasse e diritti di pubblicità/ immagine e debba anche pagare quasi $ 200.000.000 in più in sanzioni.La controversia è attualmente in fase di decisione presso la corte dei conti americana. Assegnare i propri diritti di immagine ad una organizzazione caritatevole al fine di ottenere agevolazioni fiscali potrebbe certo essere considerato un gesto caritatevole nei confronti della famiglia di Williams. Facendo quello che ha fatto, Williams non solo ha imposto una misura di controllo sullo sfruttamento postumo della sua immagine, ma ha anche dimostrato il grande valore della vita dopo la morte di una celebrità.

L’attenzione di Williams all’utilizzo della sua immagine anche dopo la sua morte arriva in un momento in cui il tema è molto attuale: in sala in questi giorni, Fast & Furious 7 è stato completato dopo la morte di Paul Walker solo grazie all’utilizzo di innovative tecniche attraverso le quali l’attore è stato ricreato digitalmente.

Lo sfruttamento dell’immagine altrui per scopi commerciali è il c.d. right of publicity. La tutela riguarda anche il caso in cui si utilizzino abusivamente attributi della personalità diversi dal nome o dall’immagine, come per esempio slogan e così via. La griffe, il marchio, il nome e l’immagine possono essere oggetto di contratti di merchandising specificamente finalizzati a consentirne l’impiego nei settori più disparati.
Si pensi per esempio alla concessione del diritto di riprodurre le immagini dei  personaggi di Walt Disney per confezionare magliette; alla concessione del diritto di utilizzare il marchio Ferrari per firmare accendini, ombrelli, borse da viaggio e così via.

Ai fini della quantificazione del danno in questo settore c’è una certa sovrapposizione tra rimedi risarcitori e restitutori. È infatti piuttosto frequente il riferimento, oltre che alla perdita di profitti, al risparmio di spesa ed all’arricchimento ottenuto mediante fatto ingiusto. I rimedi restitutori operano dunque in forma criptica nell’ambito dei rimedi risarcitori anche in materia di right of publicity. Il right of publicity può inoltre competere anche a persone sconosciute al pubblico, le quali abbiano però caratteristiche tali, come per esempio occhi o capelli bellissimi, da consentire l’uso della loro immagine per scopi pubblicitari.
Nei casi di questo genere la giurisprudenza parla raramente di arricchimento senza causa. Il fenomeno è tendenzialmente inquadrato nell’ambito della responsabilità civile. Il criterio più diffuso ai fini della quantificazione è costituito dal risparmio di spesa effettuato per il tramite della lesione; dove per risparmio di spesa si intende la somma che presumibilmente sarebbe stato necessario sborsare ex ante ai fini della previa concessione del consenso (A. Milano 16.5.1989).

Lo sfruttamento immagine abusivo dei marchi altrui: le sentenze

Pret. Milano, 10/07/1989 Walt Disney co. c. Soc. ed. Tattilo

La riproduzione fotografica non autorizzata di personaggi opera dell’ingegno su prodotti commerciali, quali magliette, dépliants e riviste, costituisce di per sé un illecito sfruttamento del diritto patrimoniale dell’autore e dei suoi aventi causa a prescindere dal fatto che il personaggio appaia, nel prodotto che costituisce veicolo della contraffazione, come semplice disegno od invece risulti materializzato in un oggetto che ne produce fedelmente le fattezze.

sfruttamento immagine

Trib. Roma, 30/11/1982 -Soc. United Feature Syndicate inc. c. Ditta Spring Foot

La utilizzazione a fini commerciali delle immagini di personaggi a fumetti (Snoopy, Charlie Brown) riprodotta su magliette costituisce violazione del diritto di autore.

Pret. Roma, 11/05/1979 – Soc. Dan Junior Production c. Soc. Mediterranean Transfers International

La riproduzione su magliette di immagini di personaggi di opera dell’ingegno, senza consenso dell’autore, costituisce contraffazione.

Sfruttamento commerciale del nome e dell’immagine della persona celebre

Si tratta, in particolare, di contratti atipici – quali ad es. la sponsorizzazione, nella sue varie tipologie, l’endorsement, il personality merchandising, la pubblicità testimoniale ecc.) – frequentemente impiegati dagli atleti per sfruttare in ambito commerciale la notorietà conseguita nel contesto sportivo.

Le nuove esigenze della commercializzazione dell’immagine

Contestualmente, la diffusione di tali accordi si è particolarmente consolidata nel tempo per soddisfare le sempre più numerose esigenze della moderna comunicazione d’impresa. In virtù di tali negozi, il disponente concede a terzi il diritto di utilizzare, per finalità commerciali, la propria immagine ed il proprio nome, impegnandosi eventualmente ad eseguire determinate prestazioni promo pubblicitarie a favore della controparte.

La tutela

Rispetto a questi accordi, non viene posto in dubbio il requisito della meritevolezza di tutela, ex art. 1322, comma 2° c.c., tenuto conto che rimettere all’autodeterminazione e all’autonomia negoziale del soggetto la scelta in ordine all’utilizzo economico della propria notorietà, da una parte realizza interessi costituzionalmente protetti (quali il libero sviluppo della persona e la libertà d’iniziativa economica), dall’altra non si pone di per sé in contrasto ai valori sottesi alla persona umana.

La nuova disciplina del consenso

Appare evidente, però, che la disciplina di tali accordi si scontra con la ricostruzione tradizionale, legata sia all’indisponibilità del diritto all’immagine, sia al ricorso allo schema del consenso dell’avente diritto, impiegato per giustificare l’occasionale atto di disposizione. Secondo l’opinione tradizionale, infatti, il consenso del titolare diritto, nell’ambito qui considerato, non determinerebbe alcuna trasmissione al terzo del diritto, bensì rimuoverebbe, solo con effetti tra le parti, la causa dell’antigiuridicità a favore del soggetto autorizzato.

La revoca del consenso

In tal modo, il consenso all’impiego della propria immagine è stato per lungo tempo considerato alla stessa stregua di altri atti di esercizio non vietati dei diritti della personalità, come, ad esempio, il consenso all’operazione chirurgica. Così facendo, al titolare del diritto sarebbe sempre riconosciuta – quale corollario dell’indisponibilità dei diritti della personalità – la facoltà di revocare il consenso prestato all’utilizzazione della propria immagine (da intendersi quale atto unilaterale), fatto salvo il risarcimento del danno nel caso di revoca del consenso ingiustificata o capricciosa. Tale facoltà era espressamente riconosciuta anche dalla precedente legge sul diritto d’autore (r.d.l., 7 novembre 1925, n. 1950), che attribuiva alla persona che aveva prestato il consenso il potere di revocarlo, salvo l’obbligo del risarcimento dei danni (art. 11, comma 1°).

La ricostruzione del diritto di immagine

Una simile ricostruzione, tuttavia, appare del tutto inadeguata rispetto ad una concezione del diritto all’immagine incentrata sulla componente patrimoniale come tale idonea ad attribuire al titolare del diritto la facoltà di compiere veri e propri negozi giuridici a carattere lucrativo. In altre parole, la ricostruzione del diritto all’immagine in termini positivi, e non di mero ius excludendi, conduce a rappresentare l’atto di disposizione non più come negozio autorizzativo e di rinuncia al divieto di divulgazione, bensì come un vero e proprio consenso ad un rapporto contrattuale concernente il bene immateriale dell’immagine; il corollario è la completa irrilevanza di un successivo pentimento del ritrattato che revochi il consenso validamente manifestato in precedenza.

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