La proprietà intellettuale del piatto: come difendersi dalle copie?

La proprietà intellettuale del piatto.

La proprietà intellettuale del piatto

Come difendersi dalle copie?

Si può parlare di proprietà intellettuale in cucina quando si tratta di ingredienti, procedimenti, ricette, forma, design del piatto, sapore, profumo?

Un popolo di chef e aspiranti masterchef con cuochi star intoccabili e adorati dalle folle e ricette da brevettare.

Non esiste una pietanza che non venga adattata e personalizzata in ciascuna famiglia, impossibile censire le lasagne al forno, per quante versioni esistono. In questo contesto da “gastrosociety” il tema della proprietà intellettuale del piatto è quanto mai d’attualità. Come per i computer alcuni sono per l’open source, ossia il software libero, accessibile e modificabile/migliorabile a piacere o per il sistema chiuso, end-to-end.

Un anno fa Carlo Cracco ha persino teorizzato l’aglio in camicia nella pasta all’amatriciana (dove invece gli unici ingredienti ammessi dalla tradizione sono guanciale, pecorino, vino bianco, pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino) con conseguenti polemiche da prima pagina.

Il dibattito è aperto: ma non per i super cuochi che si vogliono tutelare.

Ci provò il due stelle inglese Heston Blumenthal con il suo merluzzo arrostito speziato con lenticchie di Castelluccio. Lo chef provò invano a “depositare” il suo merluzzo. Gli avvocati di diritto d’autore continuano a sostenere che il problema vero sta nella difficoltà di provare la proprietà intellettuale di una ricetta che potrebbe essere frutto di una precedente rielaborazione, ivi compresa la nonna dello chef. Il problema della tutelabilità riguarda anche le trattorie. Lo chef Nicola Delfino di “Benito al Ghetto”a Roma s’è visto “copiare” le sue bugnole di baccalà. Anche per questo “nel giro di poco verranno emanate delle sentenze che obbligheranno il legislatore ad aggiungere una norma enogastronomica alla legge sul Diritto d’autore”.

Il tema non è affatto solo italiano.

Su eGulletuna nota piattaforma forum sul cibo, se ne dibatte continuamente. Ma gli avvocati del settore sono scettici. Sostengono che ad oggi non è possibile attribuire la proprietà intellettuale di una ricetta perché lo sviluppo naturale di un cibo non costituirà mai un passo d’ingegno, non potendo sapere effettivamente chi l’ha creato. E forse “nessuno può dirsi completamente innocente”, come sentenziato al Guardian da Wylie Dufresne, chef a New York di WD-50 a Lower East Side.

La strada per affermare il copyright è lunga, ma intanto è stata rintracciata l’origine.

Nella legge di Sibari, 510 avanti Cristo, in cui si legge che “qualora un ristoratore o un cuoco inventi un piatto originale ed elaborato, nessuno altro che l’inventore è autorizzato ad utilizzare la ricetta, prima che un anno sia passato, in modo tale che l’inventore abbia il diritto esclusivo di ricavare un profitto da esso all’interno del suddetto periodo, e in modo da indurre altri a fare uno sforzo e a distinguersi per le invenzioni nello stesso campo”. Del copyright del suo piatto globale Riso Oro e Zafferano, Gualtiero Marchesi, anni 85, uno dei padri nobili della cucina italiana, ha fatto una missione. E una provocazione, visto che la tutela del food ai sensi del diritto d’autore non ha giurisprudenza in Italia e anche in Europa e Stati Uniti sono poche le pronunce delle corti. Un suo ex cuoco, Guido Rossi, dopo un contrasto con Marchesi ha aperto un proprio ristorante a Milano inserendo nel menu un piatto identico a quello che Marchesi propone nel suo ristorante, denominandolo Risotto Oro e Zafferano, Omaggio a Marchesi, presentandolo allo stesso modo e adottando lo stesso prezzo. Sulla vicenda, alla Triennale di Milano, è andato in scena, provocatoriamente, un primo ‘Mock Trial Food and Design‘, ossia una simulazione di processo con veri giudici, legali delle parti e consulenti

La decisione del Collegio a Milano ha dato ragione al maestro.

Nella ‘sentenza’ si accerta la tutelabilità come opera del diritto d’autore del piatto e si condanna Rossi per contraffazione, violazione del marchio di forma, della violazione del disegno registrato, della violazione del diritto d’autore, di atti di concorrenza sleale. Nei ristoranti del futuro non ci saranno più gli ingredienti sul menu, non sai mai che qualcuno li appunti sul taccuino, macchine fotografiche saranno bandite per evitare che qualcuno immortali la inedita disposizione di tre ravioli nell’esclusivo piatto a forma esagonale, al conto aspettatevi di vedere aggiunta la voce “royalty” sulle fettuccine allo zafferano ma non sulla tagliata di manzo che è “copyfree”. Aspettiamoci titoli nobiliari o accademici agli autori di piatti celebri, il Principe dell’Omelette ripiena farà lo “show cooking” in televisione con il Dottor in Due Uova alla Cocque.

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