I link a opere protette dal copyright sono leciti?

link e opere protette

Link e opere protette (di Marta Pistone)

Violazione o legittimità?

Chiunque al giorno d’oggi, più o meno coscientemente, sa che i collegamenti ipertestuali (più comunemente chiamati link) svolgono una funzione fondamentale nell’accesso a dati, immagini, video e in generale alle risorse offerte da internet. Altrettanto evidente è l’effetto che tali tecniche di condivisione e facile accesso possono avere sulla tutela e il rispetto dei diritti sulle opere protette dal diritto d’autore.

Link e opere protette: liceità o violazione?

La domanda che qui ci poniamo è dunque: mettere su un blog, su una pagina facebook o in qualsivoglia piattaforma online, un link che permette di accedere ad opere protette, è attività lecita o una violazione perseguibile secondo il diritto d’autore?

Alla ricerca della soluzione

Come accade di frequente in questioni connesse ai nuovi sviluppi di tale area del diritto e al rapporto tra diritto d’autore e tecnologie, mancando disposizioni nazionali esplicitamente dedicate, per rispondere alle relative domande in Italia ci si muove principalmente in tre direzioni:

  • applicando per analogia o estensione i principi presenti nell’ordinamento;
  • guardando alla giurisprudenza, nazionale e comunitaria;
  • guardando alle norme promulgate dall’Unione Europea.

E a tali fonti bisogna rivolgersi nel trattare della liceità del collegamento ipertestuale.

Un articolo fondamentale

Si può giustamente definire un evento cardine della questione, la sentenza pronunciata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in data 8 settembre 2016, relativa alla causa C-160/15. Tale sentenza, infatti, è decisiva per l’interpretazione di un articolo fondamentale per coloro che indagano il presente quesito: si tratta dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva di Parlamento Europeo e Consiglio del 2001, “sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione”.

La disposizione è così formulata:

“Gli Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente”.

Per chiunque sia un operatore del diritto, ma anche con uso di semplice buonsenso, emerge immediata la conformità di tale disposizione a principi base in materia di diritti d’autore: io, titolare del diritto, posso decidere come usare, o non usare, la mia creazione, inclusa la possibilità di diffonderla presso il pubblico.

La posizione della Corte di Giustizia

L’articolo non parla esplicitamente dei collegamenti ipertestuali, ma è altrettanto evidente come possano rientrare a pieno titolo nell’attività da esso descritta e disciplinata.

Esplicitamente rivolta alla questione dei link è invece la suindicata sentenza del 2016.

Al fine di risolvere il quesito della liceità della messa a disposizione di un collegamento ipertestuale a opere protette, la Corte pone una questione preliminare, cioè se tale comportamento rientri nella nozione di “comunicazione al pubblico”, attività cui si rivolge testualmente l’articolo 3 della direttiva. Analizza, a tal riguardo, una serie di caratteristiche e conseguenze dell’azione del soggetto che tale link ha fornito (chiamato hyperlinker), che si pongono come criteri che vanno valutati caso per caso sia individualmente che nella loro interazione:

  • il criterio che considera gli utenti che grazie a tale link hanno ottenuto la possibilità di accedere alle opere. In particolare, con “pubblico” si intende un numero indeterminato e “piuttosto considerevole” di soggetti. Inoltre, bisogna verificare l’effettivo apporto del link, cioè se in mancanza di esso tali soggetti avrebbero o meno avuto modo di fruire delle opere. Potrebbe essere denominato criterio del “pubblico nuovo”;
  • l’intenzionalità dell’azione dell’hyperlinker. Rileva, dunque, che vi fosse cognizione delle conseguenze del comportamento, nel momento in cui si è creato un accesso a opere protette. Se, ad esempio, l’hyperlinker ha ricevuto comunicazione dell’illegittimità della presenza dell’opera nel sito a cui il link rimanda, la sua azione è considerabile “comunicazione al pubblico” e costituisce quindi una violazione del diritto d’autore;
  • il carattere lucrativo o meno della comunicazione al pubblico, che si collega strettamente al criterio precedente. Se l’hyperlinker ha agito senza scopi di lucro, bisogna valutare se egli fosse a conoscenza, e non potesse “ragionevolmente esserlo”, che l’opera in questione fosse stata messa in internet senza la dovuta autorizzazione. Se, invece, l’azione è stata svolta a fini lucrativi, vi è una presunzione di conoscenza dell’illegittimità della pubblicazione su internet dell’opera, cui il link rimanda, e l’hyperliker compie quindi una “comunicazione al pubblico”;
  • se le opere in questione fossero già state rese liberamente disponibili su internet con il consenso del titolare. In tale caso, non è configurabile una “comunicazione al pubblico”.

Altri elementi da tenere a mente

L’azione dell’hyperlinker è da considerarsi legittima, per quanto riguarda il diritto d’autore, nel caso che:

  • vi sia il consenso del titolare del diritto d’autore a tale operazione;
  • le opere non siano tutelate dal diritto d’autore, ad esempio in caso siano passati settanta anni dalla morte dell’autore;
  • si rientri nelle eccezioni e limitazioni previste dagli ordinamenti nazionali, ad esempio la libera utilizzazione a scopo di critica o ricerca.

Dove si cela dunque la risposta?

Direttive certe e generali sulla legittimità o meno del comportamento non è possibile stabilirle. Ciò che resta è seguire l’impostazione della Corte di Giustizia, analizzando ogni caso nella sua individualità.

 

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