I musicisti che hanno dato un calcio alla discografia tradizionalmente intesa preferendole il finanziamento dal basso del crowdfunding non si lasciano scoraggiare dal declino dell’industria discografica e si affidano alla generosità dei loro fan.
Del resto, le origini del crowdfunding sono legate alla musica.
L’episodio cui molti legano la nascita del fenomeno risale al 1997, quando i fan americani della rock band inglese Marillion raccolsero, a insaputa del gruppo musicale, oltre 60mila dollari, permettendo alla band di organizzare un lungo tour oltreoceano. Furono gli stessi Marillion dopo quell’episodio a decidere di utilizzare questo strumento per finanziare la registrazione e la distribuzione dei successivi tre album.
Da allora, il crowdfunding si è perfezionato a livello tecnico, trovando nel web il terreno ideale per estendere il proprio raggio d’azione. Oggi le piattaforme dedicate sono diventate sempre di più: le americane Indiegogo e Kickstarter sono le più famose, ma ne sono nate a centinaia alcune anche in Italia: Kapipal, ideata da Alberto Falossi, ma anche Eppela, Shinynote, Boomstarter, Starteed, BuonaCausa.
Alla base di ogni progetto di successo c’è il rapporto tra l’artista e il fan. La situazione è diversa per gli artisti emergenti:
Chi tenta la via del crowdfunding non può esimersi dall’aver dietro delle strutture che gli permettano di raggiungere le persone», analizza Francesco Caprai, direttore del magazine Musica Rovinata «del resto, il rapporto diretto con i fan è la chiave per sopravvivere in un’industria fonografica allo sbando. Ne sono esempio lampante i social network. Se ci fermiamo a riflettere, il meccanismo di un sito come Kickstarter non è poi così diverso da Facebook o Twitter: tutti vengono sfruttati dall’artista per far sentire il fan partecipe di un progetto
L’espansione del crowdfunding in ambito musicale ha le sue radici nella crisi dell’industria discografica.
Il crowdfunding è qualcosa di simile alla co-produzione e funziona già da tempo nel mondo underground. Quindi, potrebbe influire pesantemente sul futuro dell’industria musicale indipendente.
Non soltanto per quello che riguarda gli album, ma anche per quello che riguarda i festival: Jazzontheroad 2012, tanto per fare un esempio. In realtà, molto dipenderà da come in futuro i social network sapranno integrarsi con le piattaforme di crowdfunding.
La minore disponibilità economica nel settore porta artisti – e non solo: anche etichette e festival – a tentare la strada del finanziamento dal basso rivolgendosi direttamente ai fan. Adrian Berwick, ex presidente di Bmg Ricordi, oggi titolare di Pecunia Entertainment e fondatore del portale Usong.it. spiega che
La crisi dell’industria musicale non ha solo ridotto gli investimenti, ma soprattutto li ha dirottati lontano dalla sperimentazione e del rischio. É questo il contesto in cui il funding di progetti alternativi da parte degli stessi consumatori diventa di grande aiuto a sostenere ciò che non è mainstream. Qualsiasi investimento esterno è molto utile alla discografia visti i tempi che corrono. Già oggi sono molti gli artisti che si pagano i costi di registrazione dei loro dischi, collaborando poi con la casa discografica su tutti gli aspetti di sviluppo del loro progetto
Il crowdfunding e le case discografiche uccise da Amanda Palmer
Si presenta al mondo come Amanda Fucking Palmer, AFP e stavolta, davvero, ha fottuto tutti: case discografiche, manager, produttori. La Palmer – ex Dresden Dolls, quelli di Coin Operated Boy – è diventata la recordwoman mondiale nel campo del crowdfunding musicale. Un mese dopo aver avviato sul web una campagna di raccolta di fondi per la realizzazione del suo nuovo album, Amanda si è ritrovata in tasca oltre un milione e duecento mila dollari.
E pensare che, inizialmente, ne aveva chiesti “soltanto” centomila.
La generosità dei suoi fan, alimentata dal passaparola sui social network, ha fatto il resto. Non è la prima volta per la Palmer, che lo scorso autunno aveva già raccolto 133mila dollari per finanziare un disco realizzato insieme allo scrittore inglese Neil Gaiman. I progetti che la Palmer vuole finanziare sono vari e includono musica, ma non solo. Si parla anche di video, podcast e arte visiva. L’artista spiega così la su scelta di ricorrere a Patreon: “ho scorrazzato in giro (e spesso con grande gioia) da quando ho mollato la mia label nel 2008. Pubblicare e distribuire per conto mio vinili e cd non è semplice e non sempre porta guadagno. Regalare la mia musica online è stato un esperimento, ma non ha portato i profitti che speravo. Forse vi sorprenderà sapere che “Theater is evil”, anche se è stato finanziato da 25.000 persone e ha ricevuto grandi recensioni dalla stampa, ha venduto davvero pochissimo. E questa cosa mi ha prosciugato a livello economico… anche se è il miglior disco che ho mai fatto.” Per cui Patreon è una nuova strada: “Quello che voglio è fare cose e pubblicarle. Ed essere pagata, per potere continuare.”
Infatti Amanda Palmer si finanzia con Patreon.
Funziona così: ogni volta che la musicista scrive una nuova canzone, produce un video o pubblica qualcosa (letteralmente “Thing”) guadagna più di 13 mila dollari dai suoi 1.400 sostenitori di Patreon (piattaforma di crowdfunding).
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